“Palestina: diario di vita e di guerra. Racconti e testimonianze anonime”, questo il titolo del lavoro teatrale in scena al Teatro di Documenti di Roma, fino al 24 marzo, con la drammaturgia e regia di Gaston Troiano
Attraverso un percorso che si snoda tra le sale del Teatro di Documenti di Roma, lo spazio teatrale ideato da Luciano Damiani scenografo di Strehler, lo spettatore viene accompagnato in una casa della Palestina. La scenografia di Lulu Unger rievoca scenari di guerra, di una città abbandonata e distrutta; scarpe rotte sul pavimento, indumenti strappati che penzolano dal soffitto, giornali stropicciati e sacchi di immondizia, filo spinato riempiono la scena vuota popolata da due donne, Sharon, rappresentata da cinque attrici e sua suocera. Sulla scena anche due bambini ricordano il cuore della comunità e del futuro per quanto di futuro e speranza si possa parlare in una zona di guerra. “La messa in scena fa viaggiare lo spettatore in un percorso unico di spazi che si trasformano continuamente, in labirinti di vita e di guerra che si snodano in una performance basata sul teatro gestuale, rendendo il pubblico partecipe di una tragedia umana che si trascina ormai da decenni". si legge nelle note di regia di Gaston Troiano e in effetti, di viaggio si tratta! La messa in scena propone alcuni momenti di quotidianità in una città occupata e sotto assedio. Ed è proprio la ferialità, le abitudini e i gesti quotidiani che conferiscono tragicità alla scena: dalle corse per fare le scorte di cibo alla difficile convivenza con una suocera petulante e confusionaria, dal rischio corso di rimanere colpiti solo per andare a prendere un cappuccino, ai tentativi di passare la frontiera tra un coprifuoco e l’altro…e intanto la tensione cresce.
“Da più di sessanta anni il popolo palestinese vive una tragica occupazione e l’ironia è l’arma necessaria per fare i conti con le difficoltà del vivere quotidiano: giornate scandite dal rumore dei cingolati in pattuglia, bombardamenti, coprifuoco, o check-point, riguardano tutti: anziani e bambini sono costretti in casa per giorni, senza contatti con l’esterno, privati delle condizioni minime di igiene e di dignità.” spiega il regista. Infatti l’ironia che emerge a tratti permette di andare avanti e di vedere attraverso gli occhi dei bambini un barlume di speranza.
La protagonista in questa situazione decide di tenere un diario e questa è l’occasione per “registrare l’allucinante realtà, per ripensare ai ricordi più felici, per recuperare soprattutto una dimensione umana che sembra irrimediabilmente persa per tutti”. Un lavoro intenso, non certo facile quanto interessante nella sua proposta drammaturgica e teatrale, affrontato con passione e determinazione da Maria Patrizia Manduchi, Francesca Moro, Valerie Pilia, Annarita Proietti, Tiziana Racco, Patrizia Tzermias e Dina e Rami Abed.
Prima di lasciare il teatro però non riusciamo a trattenere la nostra curiosità e chiediamo al regista Gaston Troiano, un suo ricordo di Papa Francesco. Gaston Troiano, lo ricordiamo, è attore e regista diplomato all’Accademia di Arte Drammatica di Buenos Aires e si è dedicato per anni all’insegnamento del teatro gestuale, del clown circense e teatrale, del teatro di strada e clown terapia. “Lo conosco, quando stavo a Buenos Aires, lo vedevo, lo incontravo. Io lavoravo molto con i ragazzi di strada, con laboratori teatrali e lui era lì. Lavorava con i ragazzi di strada, con i poveri…l’Argentina è un paese povero e per noi è normale stare con i poveri, aiutare gli ultimi, i ragazzi. Papa Bergoglio era molto pratico, faceva cose concrete, doveva prendere decisioni pratiche…stava accanto alla gente.”
Attraverso un percorso che si snoda tra le sale del Teatro di Documenti di Roma, lo spazio teatrale ideato da Luciano Damiani scenografo di Strehler, lo spettatore viene accompagnato in una casa della Palestina. La scenografia di Lulu Unger rievoca scenari di guerra, di una città abbandonata e distrutta; scarpe rotte sul pavimento, indumenti strappati che penzolano dal soffitto, giornali stropicciati e sacchi di immondizia, filo spinato riempiono la scena vuota popolata da due donne, Sharon, rappresentata da cinque attrici e sua suocera. Sulla scena anche due bambini ricordano il cuore della comunità e del futuro per quanto di futuro e speranza si possa parlare in una zona di guerra. “La messa in scena fa viaggiare lo spettatore in un percorso unico di spazi che si trasformano continuamente, in labirinti di vita e di guerra che si snodano in una performance basata sul teatro gestuale, rendendo il pubblico partecipe di una tragedia umana che si trascina ormai da decenni". si legge nelle note di regia di Gaston Troiano e in effetti, di viaggio si tratta! La messa in scena propone alcuni momenti di quotidianità in una città occupata e sotto assedio. Ed è proprio la ferialità, le abitudini e i gesti quotidiani che conferiscono tragicità alla scena: dalle corse per fare le scorte di cibo alla difficile convivenza con una suocera petulante e confusionaria, dal rischio corso di rimanere colpiti solo per andare a prendere un cappuccino, ai tentativi di passare la frontiera tra un coprifuoco e l’altro…e intanto la tensione cresce.
“Da più di sessanta anni il popolo palestinese vive una tragica occupazione e l’ironia è l’arma necessaria per fare i conti con le difficoltà del vivere quotidiano: giornate scandite dal rumore dei cingolati in pattuglia, bombardamenti, coprifuoco, o check-point, riguardano tutti: anziani e bambini sono costretti in casa per giorni, senza contatti con l’esterno, privati delle condizioni minime di igiene e di dignità.” spiega il regista. Infatti l’ironia che emerge a tratti permette di andare avanti e di vedere attraverso gli occhi dei bambini un barlume di speranza.
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| foto di Renata Kosenko |
Prima di lasciare il teatro però non riusciamo a trattenere la nostra curiosità e chiediamo al regista Gaston Troiano, un suo ricordo di Papa Francesco. Gaston Troiano, lo ricordiamo, è attore e regista diplomato all’Accademia di Arte Drammatica di Buenos Aires e si è dedicato per anni all’insegnamento del teatro gestuale, del clown circense e teatrale, del teatro di strada e clown terapia. “Lo conosco, quando stavo a Buenos Aires, lo vedevo, lo incontravo. Io lavoravo molto con i ragazzi di strada, con laboratori teatrali e lui era lì. Lavorava con i ragazzi di strada, con i poveri…l’Argentina è un paese povero e per noi è normale stare con i poveri, aiutare gli ultimi, i ragazzi. Papa Bergoglio era molto pratico, faceva cose concrete, doveva prendere decisioni pratiche…stava accanto alla gente.”
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