Ieri migliaia di persone, per lo più giovani, hanno manifestato in modo pacifico per le vie di Oaurgla (sud) sollecitando la liberazione di alcuni disoccupati arrestati il mese scorso per aver protestato e rivendicando il proprio diritto a lavorare
Misna - L’iniziativa, indetta dal Coordinamento nazionale per la difesa dei diritti dei disoccupati (Cnddc), si è svolta sulla piazza dove c’è la sede del Comune, un luogo già battezzato ‘Piazza Tahrir’, in riferimento all’epicentro della rivolta popolare egiziana. Alla protesta hanno partecipato migliaia di disoccupati della povera regione meridionale ma anche sindacalisti e difensori dei diritti umani che hanno chiesto “l’abbandono di ogni procedimento giudiziario a carico dei disoccupati”. Martedì il tribunale di Laghouat ha condannato a quattro anni di prigione quattro disoccupati riconosciuti colpevoli di “uso della forza contro agenti della sicurezza” durante una manifestazione tenutasi davanti all’Agenzia nazionale per il lavoro della stessa città, nei pressi dell’importante giacimento di gas di Hassi R’mel. Il 26 marzo altri 15 disoccupati verranno processati a Ouargla per “assembramento non armato”. Nelle ultime settimane la repressione delle manifestazioni di disoccupati si è fatta più dura, con decine di arresti e condanne. L’altro cavallo di battaglia del Cnddc riguarda l’assenza di prospettive lavorative per gli algerini, in particolare per i giovani: in base ai dati ufficiali diffusi dal governo e dal Fondo monetario internazionale (Fmi), il 21,5% dei giovani con meno di 35 anni è disoccupato, una quota pari al 10% della popolazione nazionale. La situazione del mercato del lavoro è ancora più critica nelle regioni meridionali, cuore produttivo del settore del petrolio e del gas ma le più carenti in termini di servizi e infrastrutture: la popolazione locale deve fare i conti con i lavoratori originari del nord e con i stranieri. Non sono bastate a fermare la protesta di ieri le dichiarazioni rilasciate lunedì dal primo ministro Abdelmalek Sellal in base alle quali le società del sud dovranno dare la priorità all’assunzione di lavoratori locali. Sempre ieri a Tamanrasset centinaia di giovani senza lavoro hanno partecipato a un corteo di protesta per denunciare il “nepotismo che caratterizza il mercato del lavoro al sud” e il mancato rispetto del diritto al lavoro e alla casa da parte di “autorità che ci marginalizzano”. Nei prossimi giorni il Movimento del Sud per la giustizia (Msj) terrà una “grande manifestazione” nella wilaya (provincia) di Djelfa, invitando i cittadini delle località vicine a parteciparvi. Stamani osservatori e stampa locale sottolineano che la manifestazione si è svolta nella calma, parlando di “un primo grande successo nella lotta dei lavoratori per la dignità”. Secondo il quotidiano ‘El Watan’, “il governo è con le spalle al muro”. La protesta di ieri, scrive il giornale, ha “messo in luce una delle più grandi contraddizioni del regime algerino: un paese ricco ma un popolo povero”. Diversamente dagli altri paesi del Nord Africa dove nel 2011 l’annoso malcontento popolare è sfociato in rivolte popolari, in Algeria le proteste di ampi settori della società non sono riuscite a mettere in crisi il potere del Fronte di liberazione nazionale (Fln) del presidente Abdelaziz Bouteflika, in carica dal 1999.
Misna - L’iniziativa, indetta dal Coordinamento nazionale per la difesa dei diritti dei disoccupati (Cnddc), si è svolta sulla piazza dove c’è la sede del Comune, un luogo già battezzato ‘Piazza Tahrir’, in riferimento all’epicentro della rivolta popolare egiziana. Alla protesta hanno partecipato migliaia di disoccupati della povera regione meridionale ma anche sindacalisti e difensori dei diritti umani che hanno chiesto “l’abbandono di ogni procedimento giudiziario a carico dei disoccupati”. Martedì il tribunale di Laghouat ha condannato a quattro anni di prigione quattro disoccupati riconosciuti colpevoli di “uso della forza contro agenti della sicurezza” durante una manifestazione tenutasi davanti all’Agenzia nazionale per il lavoro della stessa città, nei pressi dell’importante giacimento di gas di Hassi R’mel. Il 26 marzo altri 15 disoccupati verranno processati a Ouargla per “assembramento non armato”. Nelle ultime settimane la repressione delle manifestazioni di disoccupati si è fatta più dura, con decine di arresti e condanne. L’altro cavallo di battaglia del Cnddc riguarda l’assenza di prospettive lavorative per gli algerini, in particolare per i giovani: in base ai dati ufficiali diffusi dal governo e dal Fondo monetario internazionale (Fmi), il 21,5% dei giovani con meno di 35 anni è disoccupato, una quota pari al 10% della popolazione nazionale. La situazione del mercato del lavoro è ancora più critica nelle regioni meridionali, cuore produttivo del settore del petrolio e del gas ma le più carenti in termini di servizi e infrastrutture: la popolazione locale deve fare i conti con i lavoratori originari del nord e con i stranieri. Non sono bastate a fermare la protesta di ieri le dichiarazioni rilasciate lunedì dal primo ministro Abdelmalek Sellal in base alle quali le società del sud dovranno dare la priorità all’assunzione di lavoratori locali. Sempre ieri a Tamanrasset centinaia di giovani senza lavoro hanno partecipato a un corteo di protesta per denunciare il “nepotismo che caratterizza il mercato del lavoro al sud” e il mancato rispetto del diritto al lavoro e alla casa da parte di “autorità che ci marginalizzano”. Nei prossimi giorni il Movimento del Sud per la giustizia (Msj) terrà una “grande manifestazione” nella wilaya (provincia) di Djelfa, invitando i cittadini delle località vicine a parteciparvi. Stamani osservatori e stampa locale sottolineano che la manifestazione si è svolta nella calma, parlando di “un primo grande successo nella lotta dei lavoratori per la dignità”. Secondo il quotidiano ‘El Watan’, “il governo è con le spalle al muro”. La protesta di ieri, scrive il giornale, ha “messo in luce una delle più grandi contraddizioni del regime algerino: un paese ricco ma un popolo povero”. Diversamente dagli altri paesi del Nord Africa dove nel 2011 l’annoso malcontento popolare è sfociato in rivolte popolari, in Algeria le proteste di ampi settori della società non sono riuscite a mettere in crisi il potere del Fronte di liberazione nazionale (Fln) del presidente Abdelaziz Bouteflika, in carica dal 1999.
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