Mons. Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio consiglio per i testi legislativi, illustra la normativa sulla Sede vacante e il conclave. L'atteso Motu proprio di Benedetto XVI dovrebbe riguardare solo "punti particolari" della "Romano Pontifici eligendo" riguardo la, pur prevista, rinuncia di un papa
Città del Vaticano (AsiaNews) - Sarà solo "su punti particolari" l'atteso "Motu proprio" di Benedetto XVI mirato a portare alcune modifiche alla legislazione sulla Sede vacante e il Conclave, in particolare per quanto riguarda la pur normativamente prevista rinuncia del papa. "'Fino alla sede vacante, il Santo Padre può modificare le procedure relative all'elezione del Sommo Pontefice. Dopo l'inizio della Sede vacante, è la Congregazione dei cardinali che deve stabilire il giorno d'inizio del Conclave". A confermarlo è stato, stamattina, mons. Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio consiglio per i testi legislativi, che nel corso di un briefing ha illustrato la costituzione apostolica ''Universi Dominici Gregis'', emanata da Giovanni Paolo II esattamente 17 anni fa, il 22 febbraio 1996, per regolare la sede vacante e l'elezione del papa.
Si tratta, ha sottolineato il canonista, di una normativa "molto rigida, per evitare incertezze e rischi emersi in duemila anni di storia". Così, rispondendo a una domanda, egli ha spiegato che per i cardinali la partecipazione al conclave "è un dovere" - "sono tenuti, e in virtù di santa obbedienza, ad ottemperare all'annuncio di convocazione" (n. 39) - e che è prevista la scomunica "latae sententiae" (cioè che non ha bisogno di essere decretata) per "tutte le possibili interferenze, opposizioni, desideri, con cui autorità secolari di qualsiasi ordine e grado, o qualsiasi gruppo umano o singole persone volessero ingerirsi nell'elezione del Pontefice", quindi anche volendo impedire a un cardinale di prendere parte alla elezione. La domanda si riferiva evidentemente a una delle tante polemiche che in questi giorni stanno sollevando alcuni ambienti, in particolare alla richiesta al cardinale americano Roger Mahony di non partecipare alla elezione del prossimo papa, in quanto accusato di aver coperto i misfatti di alcuni preti pedofili.
Altro esempio della "rigidità" delle norme, mirata sempre a evitare dubbi, sono previsioni come quelle per le quali la simonia (ossia la vendita del voto) - pur sanzionata dalla scomunica - non lo rende invalido (n. 79) o quella per la quale anche un cardinale scomunicato o interdetto ha il diritto di partecipare al voto (n. 35).
Mons. Arrieta ha poi evidenziato come, dal momento della sede vacante, il potere passa al collegio dei cardinali, ma si tratta di un potere limitato alla gestione degli affari ordinari e del conclave, a parte questioni urgenti e indifferibili, ma che in ogni caso non possono toccare ciò che è riservato al papa. A loro, riuniti nella Congregazione generale, spetta indicare il giorno di inizio del conclave, fissato dalle norme, tra 15 e 20 giorni dopo la fine del pontificato. I tempi, ha spiegato, sono dati per consentire ai porporati di venire a Roma, ma se fossero già tutti qui, un eventuale anticipo potrebbe essere considerato una interpretazione della legge, compito della Congregazione, che decide a maggioranza semplice. Ma probabilmente il Motu proprio di Benedetto XVI eliminerà il problema. (FP)
Città del Vaticano (AsiaNews) - Sarà solo "su punti particolari" l'atteso "Motu proprio" di Benedetto XVI mirato a portare alcune modifiche alla legislazione sulla Sede vacante e il Conclave, in particolare per quanto riguarda la pur normativamente prevista rinuncia del papa. "'Fino alla sede vacante, il Santo Padre può modificare le procedure relative all'elezione del Sommo Pontefice. Dopo l'inizio della Sede vacante, è la Congregazione dei cardinali che deve stabilire il giorno d'inizio del Conclave". A confermarlo è stato, stamattina, mons. Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio consiglio per i testi legislativi, che nel corso di un briefing ha illustrato la costituzione apostolica ''Universi Dominici Gregis'', emanata da Giovanni Paolo II esattamente 17 anni fa, il 22 febbraio 1996, per regolare la sede vacante e l'elezione del papa.
Si tratta, ha sottolineato il canonista, di una normativa "molto rigida, per evitare incertezze e rischi emersi in duemila anni di storia". Così, rispondendo a una domanda, egli ha spiegato che per i cardinali la partecipazione al conclave "è un dovere" - "sono tenuti, e in virtù di santa obbedienza, ad ottemperare all'annuncio di convocazione" (n. 39) - e che è prevista la scomunica "latae sententiae" (cioè che non ha bisogno di essere decretata) per "tutte le possibili interferenze, opposizioni, desideri, con cui autorità secolari di qualsiasi ordine e grado, o qualsiasi gruppo umano o singole persone volessero ingerirsi nell'elezione del Pontefice", quindi anche volendo impedire a un cardinale di prendere parte alla elezione. La domanda si riferiva evidentemente a una delle tante polemiche che in questi giorni stanno sollevando alcuni ambienti, in particolare alla richiesta al cardinale americano Roger Mahony di non partecipare alla elezione del prossimo papa, in quanto accusato di aver coperto i misfatti di alcuni preti pedofili.
Altro esempio della "rigidità" delle norme, mirata sempre a evitare dubbi, sono previsioni come quelle per le quali la simonia (ossia la vendita del voto) - pur sanzionata dalla scomunica - non lo rende invalido (n. 79) o quella per la quale anche un cardinale scomunicato o interdetto ha il diritto di partecipare al voto (n. 35).
Mons. Arrieta ha poi evidenziato come, dal momento della sede vacante, il potere passa al collegio dei cardinali, ma si tratta di un potere limitato alla gestione degli affari ordinari e del conclave, a parte questioni urgenti e indifferibili, ma che in ogni caso non possono toccare ciò che è riservato al papa. A loro, riuniti nella Congregazione generale, spetta indicare il giorno di inizio del conclave, fissato dalle norme, tra 15 e 20 giorni dopo la fine del pontificato. I tempi, ha spiegato, sono dati per consentire ai porporati di venire a Roma, ma se fossero già tutti qui, un eventuale anticipo potrebbe essere considerato una interpretazione della legge, compito della Congregazione, che decide a maggioranza semplice. Ma probabilmente il Motu proprio di Benedetto XVI eliminerà il problema. (FP)
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