Amnesty International ha sollecitato le autorità marocchine a non procedere in via giudiziaria nei confronti di Youssef Jajili, direttore della rivista periodica Al-Aan, che rischia un anno di carcere per aver pubblicato un articolo su una cena a base di champagne che il ministro dell'Industria, del commercio e delle nuove tecnologie avrebbe pagato con denaro pubblico, 10.000 dirham (circa 900 euro), durante una visita ufficiale in Burkina Faso
Amnesty International - "Se Jajili venisse condannato, sarebbe un prigioniero di coscienza, imprigionato solo per aver esercitato in modo pacifico il suo diritto alla libertà d'espressione. Nonostante le ventilate riforme e l'asserito impegno a sostenere la libertà di espressione, le autorità marocchine continuano a soffocare le critiche" - ha dichiarato Amnesty International. Jajili, accusato secondo l'Articolo 42 del codice penale di aver diffuso "informazioni false", sostiene di aver pubblicato l'informazione solo dopo un meticoloso lavoro di indagine e di aver provato diverse volte ad intervistare il ministro. "Il giornalismo investigativo su come è speso il denaro pubblico è un'attività legittima e le autorità non dovrebbero trincerarsi dietro le vaghe formulazioni del codice della stampa per evitare gli accertamenti" - ha sottolineato Amnesty International. L'attuale codice della stampa marocchino penalizza la pacifica espressione quando ritiene che questa possa danneggiare la monarchia e l'integrità territoriale del Marocco o denigrare l'Islam. Le infrazioni sono punibili col carcere, in diretta violazione degli obblighi internazionali del Marocco e della stessa costituzione, che garantisce libertà di espressione e dei media.
Il caso di Youssef Jajili s'inserisce in un più ampio contesto di persecuzioni e intimidazioni contro i giornalisti. Nell'agosto 2012, Omar Brouksy, un reporter dell'agenzia France Presse, è stato picchiato da agenti di polizia per aver fatto un servizio su una manifestazione di opposizione contro una cerimonia tradizionale di fedeltà al re. Due mesi dopo, il ministro delle Comunicazioni ha revocato il suo accredito dopo la pubblicazione di un articolo su "candidati vicini al palazzo reale" che si stavano contendendo dei posti in parlamento alle elezioni legislative di Tangeri. Non vi è stata ancora alcuna indagine sull'attacco a Brouksy, il quale senza accredito non può lavorare come giornalista nel suo paese. "Più di 18 mesi dopo l'adozione di una costituzione che garantisce la libertà di espressione e dei mezzi d'informazione, le autorità marocchine devono fare di più per permettere ai giornalisti di lavorare liberamente. È urgentemente necessario modificare la legge sulla stampa e portarla in linea col diritto internazionale".
Amnesty International - "Se Jajili venisse condannato, sarebbe un prigioniero di coscienza, imprigionato solo per aver esercitato in modo pacifico il suo diritto alla libertà d'espressione. Nonostante le ventilate riforme e l'asserito impegno a sostenere la libertà di espressione, le autorità marocchine continuano a soffocare le critiche" - ha dichiarato Amnesty International. Jajili, accusato secondo l'Articolo 42 del codice penale di aver diffuso "informazioni false", sostiene di aver pubblicato l'informazione solo dopo un meticoloso lavoro di indagine e di aver provato diverse volte ad intervistare il ministro. "Il giornalismo investigativo su come è speso il denaro pubblico è un'attività legittima e le autorità non dovrebbero trincerarsi dietro le vaghe formulazioni del codice della stampa per evitare gli accertamenti" - ha sottolineato Amnesty International. L'attuale codice della stampa marocchino penalizza la pacifica espressione quando ritiene che questa possa danneggiare la monarchia e l'integrità territoriale del Marocco o denigrare l'Islam. Le infrazioni sono punibili col carcere, in diretta violazione degli obblighi internazionali del Marocco e della stessa costituzione, che garantisce libertà di espressione e dei media.
Il caso di Youssef Jajili s'inserisce in un più ampio contesto di persecuzioni e intimidazioni contro i giornalisti. Nell'agosto 2012, Omar Brouksy, un reporter dell'agenzia France Presse, è stato picchiato da agenti di polizia per aver fatto un servizio su una manifestazione di opposizione contro una cerimonia tradizionale di fedeltà al re. Due mesi dopo, il ministro delle Comunicazioni ha revocato il suo accredito dopo la pubblicazione di un articolo su "candidati vicini al palazzo reale" che si stavano contendendo dei posti in parlamento alle elezioni legislative di Tangeri. Non vi è stata ancora alcuna indagine sull'attacco a Brouksy, il quale senza accredito non può lavorare come giornalista nel suo paese. "Più di 18 mesi dopo l'adozione di una costituzione che garantisce la libertà di espressione e dei mezzi d'informazione, le autorità marocchine devono fare di più per permettere ai giornalisti di lavorare liberamente. È urgentemente necessario modificare la legge sulla stampa e portarla in linea col diritto internazionale".
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