“I bambini abbiamo deciso di continuare a mandarli a scuola. Ci sentiamo al telefono ogni mattina, noi mamme. Se è una giornata ‘buona’ ce li portiamo altrimenti no. La loro vita è già limitata dalla situazione, dal conflitto. Hanno imparato a distinguere i boati delle esplosioni provocate dalle bombe da quelli dei razzi”: arriva stanca, attraverso il microfono di skype, la voce di Basma, una giovane mamma che abita con la famiglia nel centro di Damasco.
Misna - Alla Misna, che la raggiunge al termine dell’ennesima giornata di violenze nel paese, la donna racconta le difficoltà di vivere in una capitale blindata, con la guerra alle porte e nessuna prospettiva di una soluzione politica a breve termine. “Ormai la guerra ce l’abbiamo sotto casa. La situazione è peggiore in periferia perché si combatte tutti i giorni e i colpi di artiglieria pesante da entrambe le parti in lotta e i bombardamenti sono continui. Ma anche qui, come a Mezzeh, Midan e Jaramana, arrivano razzi e ovunque possono esplodere le autobombe. Non ci sono più quartieri sicuri” dice.
Dopo oltre 20 mesi di combattimenti e decine di migliaia di vittime, la guerra preme sulla capitale, roccaforte del governo del presidente Bashar al Assad, e sulla strada per l’aeroporto – verso cui molte compagnie aeree hanno sospeso i collegamenti per motivi di sicurezza – si combatte metro a metro.
È in questo clima che Basma, come altri cristiani di Siria, si prepara a ‘festeggiare’ il Natale. Smentendo le notizie in circolazione su gran parte della stampa occidentale – secondo cui quello in Siria si starebbe trasformando in un conflitto settario – la giovane donna racconta che “sono in molti tra i gli amici sunniti, o i colleghi di lavoro, che si preoccupano per noi e ci fanno mille raccomandazioni. Ma in realtà non credo che la mia famiglia sia più a rischio della loro se l’inferno, che è già arrivato a Homs o ad Aleppo, dovesse cascarci in testa”.
Per il resto – dice – le giornate si susseguono simili l’una all’altra un po’ tutte uguali per gli abitanti della città. “La gente esce per fare un po’ di spesa, comprare il pane, andare e tornare dal lavoro. Entro le cinque di pomeriggio, comunque, sono tutti a casa e la maggior parte dei negozi chiude. È una parvenza della vita normale alla quale eravamo abituati” racconta Basma, che come molti siriani si interroga sull’eventualità di lasciare il paese. “La strada per Beirut è ancora abbastanza sicura, ma la vita in Libano – se non si ha una casa in cui stare – è troppo cara per pensare di trasferirsi. Per il resto, un paese vale l’altro per finire come profughi. Tanto vale stare qui, almeno questa è casa nostra”.
Misna - Alla Misna, che la raggiunge al termine dell’ennesima giornata di violenze nel paese, la donna racconta le difficoltà di vivere in una capitale blindata, con la guerra alle porte e nessuna prospettiva di una soluzione politica a breve termine. “Ormai la guerra ce l’abbiamo sotto casa. La situazione è peggiore in periferia perché si combatte tutti i giorni e i colpi di artiglieria pesante da entrambe le parti in lotta e i bombardamenti sono continui. Ma anche qui, come a Mezzeh, Midan e Jaramana, arrivano razzi e ovunque possono esplodere le autobombe. Non ci sono più quartieri sicuri” dice.
Dopo oltre 20 mesi di combattimenti e decine di migliaia di vittime, la guerra preme sulla capitale, roccaforte del governo del presidente Bashar al Assad, e sulla strada per l’aeroporto – verso cui molte compagnie aeree hanno sospeso i collegamenti per motivi di sicurezza – si combatte metro a metro.
È in questo clima che Basma, come altri cristiani di Siria, si prepara a ‘festeggiare’ il Natale. Smentendo le notizie in circolazione su gran parte della stampa occidentale – secondo cui quello in Siria si starebbe trasformando in un conflitto settario – la giovane donna racconta che “sono in molti tra i gli amici sunniti, o i colleghi di lavoro, che si preoccupano per noi e ci fanno mille raccomandazioni. Ma in realtà non credo che la mia famiglia sia più a rischio della loro se l’inferno, che è già arrivato a Homs o ad Aleppo, dovesse cascarci in testa”.
Per il resto – dice – le giornate si susseguono simili l’una all’altra un po’ tutte uguali per gli abitanti della città. “La gente esce per fare un po’ di spesa, comprare il pane, andare e tornare dal lavoro. Entro le cinque di pomeriggio, comunque, sono tutti a casa e la maggior parte dei negozi chiude. È una parvenza della vita normale alla quale eravamo abituati” racconta Basma, che come molti siriani si interroga sull’eventualità di lasciare il paese. “La strada per Beirut è ancora abbastanza sicura, ma la vita in Libano – se non si ha una casa in cui stare – è troppo cara per pensare di trasferirsi. Per il resto, un paese vale l’altro per finire come profughi. Tanto vale stare qui, almeno questa è casa nostra”.
| Tweet |

Nicolò Renna, chitarrista palermitano, sbanca il web con il suo singolo Breathing. Lo abbiamo incontrato a Palermo. L'intervista di Paolo A.Magrì
Domenico Fioravanti, la Leggenda di Sydney 2000. Una vita da rincorrere a bracciate.Il ranista, prima medaglia d’oro azzurra alle Olimpiadi di Sydney 2000, intervistato da Emanuela Biancardi.
"L'intelligenza umana è la nostra principale risorsa". Parla Ermete Realacci, tra attivismo e sfide economiche
mons. Luigi Negri, Arcivescovo di Ferrara, intervistato per LPL News 24 da Patrizio Ricci su politica europea ed immigrazione.
Max Cavallari della coppia 'I Fichi d'India', intervistato per LPL News 24 da Emanuela Biancardi.
Laura Efrikian, Attrice, scrittrice, promotrice di 'Laura For Afrika', intervistata per LPL News 24 da Emanuela Biancardi.
Patty Pravo festeggia cinquant’anni di successi intramotabili nel mondo della musica, tirando fuori ancora una volta pezzi da ‘90. Intervista di S. Santullo
Sergio Caputo celebra i trent’anni di “ Un Sabato Italiano”, con un nuovo omonimo album. Intervista a Sergio Caputo, di Simona Santullo
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.