Il petrolio è il fattore unificante della Libia post-Gheddafi ed è, in maniera apparentemente paradossale, l’elemento di continuità tra vecchio e nuovo.
Misna - A poco più di un anno dalla morte del colonnello, la produzione petrolifera è infatti in mano alla tecnocrazia che già negli anni scorsi gestiva la più grande ricchezza del paese: “D’altra parte senza di loro non si sarebbe riusciti a tornare così rapidamente ai livelli di produzione precedenti il conflitto dello scorso anno” dice alla MISNA Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, società di ricerca e consulenza specializzata nei mercati dell’energia e dell’ambiente. “Lo stesso ministro del Petrolio – ricorda Tabarelli – fa parte di questo gruppo di persone e ha lavorato per la società italiana Eni. Si tratta comunque di tecnici solo marginalmente collusi con il vecchio regime”.
I livelli di produzione di petrolio, sottolinea l’interlocutore della MISNA, “hanno raggiunto quelli precedenti già lo scorso maggio. Non solo, li hanno anche superati attestandosi su una produzione di 1,6 milioni di barili di greggio al giorno”. Un fatto reso possibile dai “tecnici di Gheddafi”, ma anche dai danni minimi sopportati dalle strutture e dagli impianti di estrazione durante i mesi in cui si sono svolti i combattimenti: “Ciascun contendente sapeva benissimo che il proprio futuro dipendeva anche dalla salvaguardia di quegli impianti e ciò ha consentito alle multinazionali straniere già attive in Libia di riprendere il lavoro lì dove era stato lasciato”.
Ma per la Libia, paese che ha le riserve accertate di greggio più ricche d’Africa, i livelli di produzione potrebbero benissimo andare oltre e raggiungere i 3,5 milioni di barili al giorno che era il livello di produzione precedente all’arrivo di Gheddafi al potere. “In seguito – prosegue Tabarelli – per una serie di motivi tra cui le stesse sanzioni internazionali la produzione si è dimezzata e tale resterà fino a quando non ci saranno certezze. Un governo stabile, tempi certi sulla transizione, una maggiore sicurezza a livello nazionale e un effettivo controllo del territorio sono tutti ingredienti necessari per favorire gli investimenti in Libia e aumentare di conseguenza la produzione di gas e petrolio. Queste le sfide per la ricostruzione e il futuro della Libia”.
Misna - A poco più di un anno dalla morte del colonnello, la produzione petrolifera è infatti in mano alla tecnocrazia che già negli anni scorsi gestiva la più grande ricchezza del paese: “D’altra parte senza di loro non si sarebbe riusciti a tornare così rapidamente ai livelli di produzione precedenti il conflitto dello scorso anno” dice alla MISNA Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, società di ricerca e consulenza specializzata nei mercati dell’energia e dell’ambiente. “Lo stesso ministro del Petrolio – ricorda Tabarelli – fa parte di questo gruppo di persone e ha lavorato per la società italiana Eni. Si tratta comunque di tecnici solo marginalmente collusi con il vecchio regime”.
I livelli di produzione di petrolio, sottolinea l’interlocutore della MISNA, “hanno raggiunto quelli precedenti già lo scorso maggio. Non solo, li hanno anche superati attestandosi su una produzione di 1,6 milioni di barili di greggio al giorno”. Un fatto reso possibile dai “tecnici di Gheddafi”, ma anche dai danni minimi sopportati dalle strutture e dagli impianti di estrazione durante i mesi in cui si sono svolti i combattimenti: “Ciascun contendente sapeva benissimo che il proprio futuro dipendeva anche dalla salvaguardia di quegli impianti e ciò ha consentito alle multinazionali straniere già attive in Libia di riprendere il lavoro lì dove era stato lasciato”.
Ma per la Libia, paese che ha le riserve accertate di greggio più ricche d’Africa, i livelli di produzione potrebbero benissimo andare oltre e raggiungere i 3,5 milioni di barili al giorno che era il livello di produzione precedente all’arrivo di Gheddafi al potere. “In seguito – prosegue Tabarelli – per una serie di motivi tra cui le stesse sanzioni internazionali la produzione si è dimezzata e tale resterà fino a quando non ci saranno certezze. Un governo stabile, tempi certi sulla transizione, una maggiore sicurezza a livello nazionale e un effettivo controllo del territorio sono tutti ingredienti necessari per favorire gli investimenti in Libia e aumentare di conseguenza la produzione di gas e petrolio. Queste le sfide per la ricostruzione e il futuro della Libia”.
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