Abdullah al-Senussi, ex capo dei servizi segreti libici durante il regime di Mu'ammar Gheddafi, è stato estradato in Libia il 5 settembre dalle autorità della Mauritania, dove era riparato nel marzo 2012.
Amnesty - Amnesty International ha espresso preoccupazione per la sorte di al-Senussi, ricercato dalla Corte penale internazionale per omicidio e persecuzione, due crimini contro l'umanità, commessi nella città di Bengasi durante la rivolta del febbraio 2011. "Invece di estradarlo in Libia, il governo mauritano avrebbe dovuto considerare la richiesta di cattura della Corte penale internazionale, che avrebbe potuto processarlo in modo equo. La decisione presa dal governo della Mauritania rischia ora di ritardare la giustizia per le vittime e di privare lo stesso al-Senussi del diritto a un processo equo" - ha dichiarato l'organizzazione per i diritti umani.
Al-Senussi, come gli altri collaboratori o presunti collaboratori dell'ex governo, rischiano la tortura in carcere e anche una condanna a morte. Migliaia di ex reali o presunti collaboratori del regime del colonnello Gheddafi sono detenuti senza processo; molti sono stati torturati e costretti a rilasciare "confessioni".
Poiché il mandato d'arresto della Corte penale internazionale è tuttora valido, sottolinea Amnesty International, la Libia ha il dovere di consegnarlo senza indugio. Non farlo, costituirebbe una violazione della Risoluzione 1970 del Consiglio di sicurezza, che richiede alla Libia "la piena cooperazione e tutta l'assistenza necessaria alla Corte e al procuratore".
Oltre alle imputazioni della Corte penale internazionale, al Senussi è ritenuto coinvolto in altre violazioni dei diritti umani commesse negli ultimi 40 anni, tra cui l'esecuzione extragiudiziale di oltre 1200 prigionieri del carcere di Abu Salim, nel 1996.
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È presente 1 commento
alle parole devono seguire i fatti...il governo libico attuale non puo' ignorare la corte penale internazionale. questo significherebbe assumere una posizione non differente da quella assunta dal vecchio governo e degna quindi di un'azione decisa atta a ristabilire gli equilibri di una giustizia che da sempre è disattesa.
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