Dentro l'operazione "Panoramic" con Giuseppe Linares, dirigente della divisione anticrimine della Questura di Trapani.
Liberainformazione - “A Trapani l’associazione mafios
a non compie attività estorsive che restano specialità di altri mandamenti mafiosi, ma preferisce inserirsi in modo fittizio, con prestanome, o direttamente con soggetti incensurati, nel sistema imprenditoriale ed economico del territorio”. A parlare è Giuseppe Linares, primo dirigente della Polizia di Stato, dirigente della divisione anticrimine della Questura di Trapani. Questura e Guardia di Finanza, su ordine del Tribunale per le misure di prevenzione, hanno messo a segno un sequestro da 25 milioni di euro, beni riconducibili ad un imprenditore, Michele Mazzara, 52 anni, originario di Paceco, ufficialmente con un reddito da 15 mila euro.
Dieci anni addietro era un “trebbiatore”, nel 1997 fu arrestato per favoreggiamento a latitanti di Cosa nostra, da allora in poi una incredibile scalata imprenditoriale, tale da permettergli di diventare interlocutore di politici e colletti bianchi. La sua casa è una villetta nella frazione di Dattilo, una elegante struttura, a pochi metri da questa palazzina in un altro edificio sarebbe stato nascosto il super latitante Matteo Messina Denaro. “Non lo conosco, non so chi sia, non è mio amico” dice Mazzara trovandosi dinanzi poliziotti e finanzieri, mentre esce da un capannone appena di fronte la sua casa, in quel capannone secondo sentenze definitive si sono tenuti summit di mafia e lì fu “punciutu” un medico di Partanna (Belìce), Vincenzo Pandolfo, morto da un paio di anni e che si diede alla macchia per seguire nella latitanza il patriarca della mafia belicina, Francesco Messina Denaro, morto nel 1998, e l’attuale super ricercato, Matteo Messina Denaro. Michele Mazzara sarebbe uno dei soggetti che fa parte di questa rete imprenditoriale che ha scelto di stare dalla parte di Cosa nostra.
“Nonostante la condanna patteggiata, Mazara ha rafforzato la propria posizione in seno all’organigramma mafioso”, dice il questore di Trapani, Carmine Esposito, “l’aggressione ai patrimoni resta una nostra priorità , obiettivo nostro è quello di individuare l’illecito per salvaguardare le attività socio economiche legali, difendendo ogni principio di democrazia. Sono fortemente affianco dei miei uomini che si occupano di togliere i patrimoni illeciti dal mercato”. “Abbiamo dinanzi un soggetto – aggiunge il dott. Linares – che è espressione per noi di quella propaggine imprenditoriale che controlla casseforti occulte”.
Perché non si cattura ancora Matteo Messina Denaro? “Io spero intanto – risponde il primo dirigente dell’Anticrimine – che presto lo si arresti e si metta fine a questa latitanza, sappiamo di avere davanti un soggetto che non è uguale ad altri latitanti, non partecipa a riunioni, non incontra familiari, non va di persona a compiere estorsioni, non va a prendere il caffè al bar vicino al Tribunale come faceva il latitante Nicchi a Palermo, ha a disposizione un circolo di soggetti che si muovono attorno a lui, come possono essere personaggi che sono usciti dal carcere dopo avere scontato condanne per mafia e che apparentemente sono stati messi da parte, o ancora soggetti insospettabili o che si ritengono tali. Non è un segreto che nei pizzini della corrispondenza tra lui e Bernardo Provenzano, Matteo Messina Denaro scriveva che aspettava la scarcerazione di alcuni soggetti”.
Cosa nostra è sommersa, questa rete di complici altrettanto? “Non direi che le cose stanno così – risponde il dott. Giuseppe Linares – Michele Mazzara nel nostro caso è risultato frequentarsi con politici, altri imprenditori, soggetti che ben sapevano che lui era in realtà il riferimento di alcune attività imprenditoriali, sennò non avrebbero parlato con lui di villette da vendere e comprare, e di affari di diverso genere. Soggetti che ovviamente hanno prestato gioco a questo stato di cose. Mazara era ufficialmente il dominus di attività che a lui non erano intestate eppure era il referente di chi di volta in volta si approcciava a queste imprese”. Soggetti importanti che risultano essere stati interlocutori di Mazzara sapendo che c’era lui dietro gli insediamenti edilizia ed alberghieri intestati a prestanome. Tra questi, l’ex deputato regionale di Forza Italia, Giuseppe Maurici, e l’attuale amministratore dell’Ato che si occupa di gestione dei rifiuti nell’hinterland trapanese, ingegnere Salvatore Alestra, che risulta avere curato progettazioni ufficialmente della ditta di Francesco Nicosia (presunto prestanome di Mazzara) ma in effetti concordava ogni cosa con Michele Mazzara. “Il nostro obiettivo – prosegue Linares – è rendere anoressiche le risorse che servono al latitante Matteo Messina Denaro, oggi guardiamo all’imprenditoria che opera in modo legale ma anche a quella che magari pensa che si possono ottenere vantaggi mettendo Cosa nostra dentro l’impresa, c’è chi ritiene ancora oggi che è possibile espandersi sul mercato in questo modo, noi dimostriamo che le cose non vanno proprio in questa maniera”.
Liberainformazione - “A Trapani l’associazione mafios
a non compie attività estorsive che restano specialità di altri mandamenti mafiosi, ma preferisce inserirsi in modo fittizio, con prestanome, o direttamente con soggetti incensurati, nel sistema imprenditoriale ed economico del territorio”. A parlare è Giuseppe Linares, primo dirigente della Polizia di Stato, dirigente della divisione anticrimine della Questura di Trapani. Questura e Guardia di Finanza, su ordine del Tribunale per le misure di prevenzione, hanno messo a segno un sequestro da 25 milioni di euro, beni riconducibili ad un imprenditore, Michele Mazzara, 52 anni, originario di Paceco, ufficialmente con un reddito da 15 mila euro.Dieci anni addietro era un “trebbiatore”, nel 1997 fu arrestato per favoreggiamento a latitanti di Cosa nostra, da allora in poi una incredibile scalata imprenditoriale, tale da permettergli di diventare interlocutore di politici e colletti bianchi. La sua casa è una villetta nella frazione di Dattilo, una elegante struttura, a pochi metri da questa palazzina in un altro edificio sarebbe stato nascosto il super latitante Matteo Messina Denaro. “Non lo conosco, non so chi sia, non è mio amico” dice Mazzara trovandosi dinanzi poliziotti e finanzieri, mentre esce da un capannone appena di fronte la sua casa, in quel capannone secondo sentenze definitive si sono tenuti summit di mafia e lì fu “punciutu” un medico di Partanna (Belìce), Vincenzo Pandolfo, morto da un paio di anni e che si diede alla macchia per seguire nella latitanza il patriarca della mafia belicina, Francesco Messina Denaro, morto nel 1998, e l’attuale super ricercato, Matteo Messina Denaro. Michele Mazzara sarebbe uno dei soggetti che fa parte di questa rete imprenditoriale che ha scelto di stare dalla parte di Cosa nostra.
“Nonostante la condanna patteggiata, Mazara ha rafforzato la propria posizione in seno all’organigramma mafioso”, dice il questore di Trapani, Carmine Esposito, “l’aggressione ai patrimoni resta una nostra priorità , obiettivo nostro è quello di individuare l’illecito per salvaguardare le attività socio economiche legali, difendendo ogni principio di democrazia. Sono fortemente affianco dei miei uomini che si occupano di togliere i patrimoni illeciti dal mercato”. “Abbiamo dinanzi un soggetto – aggiunge il dott. Linares – che è espressione per noi di quella propaggine imprenditoriale che controlla casseforti occulte”.
Perché non si cattura ancora Matteo Messina Denaro? “Io spero intanto – risponde il primo dirigente dell’Anticrimine – che presto lo si arresti e si metta fine a questa latitanza, sappiamo di avere davanti un soggetto che non è uguale ad altri latitanti, non partecipa a riunioni, non incontra familiari, non va di persona a compiere estorsioni, non va a prendere il caffè al bar vicino al Tribunale come faceva il latitante Nicchi a Palermo, ha a disposizione un circolo di soggetti che si muovono attorno a lui, come possono essere personaggi che sono usciti dal carcere dopo avere scontato condanne per mafia e che apparentemente sono stati messi da parte, o ancora soggetti insospettabili o che si ritengono tali. Non è un segreto che nei pizzini della corrispondenza tra lui e Bernardo Provenzano, Matteo Messina Denaro scriveva che aspettava la scarcerazione di alcuni soggetti”.
Cosa nostra è sommersa, questa rete di complici altrettanto? “Non direi che le cose stanno così – risponde il dott. Giuseppe Linares – Michele Mazzara nel nostro caso è risultato frequentarsi con politici, altri imprenditori, soggetti che ben sapevano che lui era in realtà il riferimento di alcune attività imprenditoriali, sennò non avrebbero parlato con lui di villette da vendere e comprare, e di affari di diverso genere. Soggetti che ovviamente hanno prestato gioco a questo stato di cose. Mazara era ufficialmente il dominus di attività che a lui non erano intestate eppure era il referente di chi di volta in volta si approcciava a queste imprese”. Soggetti importanti che risultano essere stati interlocutori di Mazzara sapendo che c’era lui dietro gli insediamenti edilizia ed alberghieri intestati a prestanome. Tra questi, l’ex deputato regionale di Forza Italia, Giuseppe Maurici, e l’attuale amministratore dell’Ato che si occupa di gestione dei rifiuti nell’hinterland trapanese, ingegnere Salvatore Alestra, che risulta avere curato progettazioni ufficialmente della ditta di Francesco Nicosia (presunto prestanome di Mazzara) ma in effetti concordava ogni cosa con Michele Mazzara. “Il nostro obiettivo – prosegue Linares – è rendere anoressiche le risorse che servono al latitante Matteo Messina Denaro, oggi guardiamo all’imprenditoria che opera in modo legale ma anche a quella che magari pensa che si possono ottenere vantaggi mettendo Cosa nostra dentro l’impresa, c’è chi ritiene ancora oggi che è possibile espandersi sul mercato in questo modo, noi dimostriamo che le cose non vanno proprio in questa maniera”.
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