Una campagna associa bellezza e invalidità di solito considerate incompatibili
di Giulia Galeotti

Piùvoce - Dando la notizia della campagna promossa a Fucecchio dalla Fondazione I Care (che si occupa di solidarietà sociale), le agenzie e alcuni giornali hanno titolato “campagna choc”. Lo choc era da imputarsi ad un grande manifesto che ritraeva una barbie in sedia a rotelle, accompagnata dalla scritta “tutti possiamo diventare disabili. Ma ognuno di noi può aiutare. Disabili, non diversi”. La barbie, si sa, è un giocattolo molto discusso. Bionda, occhi chiari, fisico mozzafiato (nonché, molto probabilmente, estremamente irreale), negli anni questa bambolina è divenuta l’emblema della perfezione e della bellezza.
Per questo molti la vedono (a ragione) come un modello non positivo per le bambine che vi giocano. E proprio per questo, a noi il poster comparso a Fucecchio piace.
Non entriamo nel merito della campagna della Fondazione, ci limitiamo a salutare positivamente il binomio tra bellezza e disabilità, il binomio cioè tra quelli che le nostre società percepiscono come due aspetti assolutamente incompatibili.
La Mattel, dal canto suo, in qualche modo vi aveva provato, e nel 1997 aveva creato Becky, l’amica biondissima, bellissima e paraplegica di Barbie. Certo, dopo nemmeno un mese dal lancio, risultò l’enorme gaffe della ditta americana : la sedia a rotelle della signorina, infatti, non entrava nella casa della celebre amica (e si dice che la barriera architettonica ne abbia fatto crollare le vendite). Fu indubbiamente una spia di intrinseca insensibilità verso il mondo dell’handicap, però il tentativo (strumentale quanto si vuole) di aprire alla differenza fu simbolicamente importante.
In fondo, poi, dove sta lo choc di Fucecchio? Se turba così tanto vedere che una bella-per-definizione presenti una disabilità fisica, i nostri problemi sono ancora veramente tanti.
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