venerdì, dicembre 17, 2010
di Gennario Iasevoli, docente di psicologia presso l'Università Parthenope di Napoli

La città di Napoli, povera, sporca e lamentosa di giorno, diventa viziosa, ricca, sfarzosa e regale di notte. E’ sorprendente per esempio l’abbondanza spocchiosa che osservi se ti rechi in un ristorante: ti servono quasi sempre pietanze in eccesso, “a batteria”, al di là di ogni ragionevole bisogno, in modo che ti stanchi pure ad assaggiare ed a scegliere e poi devi lasciare perdere altri due terzi di cibi, che saranno cestinati ed andranno ad accrescere i cumuli di rifiuti nelle strade. Per arrivare alla visione globale della nuova vita napoletana bisogna alzarsi alle 11 del mattino, come fanno ormai in molti, fare colazione alle 14, andare nelle sale da gioco alle 15, uscirne alle 20, prendere l’auto dal garage ed iniziare la notte brava tra ristoranti e discoteche fino alle 5 del mattino. Alle otto di sera si vedono le strade di Napoli e provincia intasate di auto piene di giovani e meno giovani che si intruppano e si incolonnano per le aree collinari e costiere, per socializzare a suon di singulti boriosi tra pietanze, musiche, tabacco e telefonini. Poco importa dell’igiene alimentare o dell’inquinamento acustico: l’importante è abbigliarsi, muoversi e mangiare alla moda “tamarra”, super-accessoriata, sgargiante e pacchiana, con i soldi dei genitori, anche se poi i risultati scolastici o lavorativi sono squallidi. La vecchia società dei ricchi napoletani, tutta presa da banche, aziende, ville, concessionari, alberghi di lusso, ristoranti, teatri, sale di divertimento, club, associazioni, parcheggi, navi, assicurazioni, si muove anch’essa alle otto di sera, e con autisti o taxi raggiunge i luoghi di spettacolo e ristorazione, per allontanare la noia e combattere l’insonnia, intercalando il mangiare con pillole contro il colesterolo e l’ipertensione. La settimana napoletana è ormai corta, perché vi è sempre qualche festività che permette di fare ponte.
Dell’autunno liceale si potrebbero scrivere libri, infatti da circa 50 anni, con i ministri di tutti i colori politici, statistiche alla mano, è costellato di scioperi contro la riforma (sconosciuta) che si riducono a belle passeggiate, assemblee, campeggi e bivacchi promiscui tra banchi affastellati negli edifici bloccati. Mi dimenticavo di dire che la psicologia dei napoletani si basa su specifici concetti inneggianti al sacrosanto disimpegno personale: “io, con quello che succede, non ho niente a che vedere”. Su tale espressione, in un mio recente articolo, ho parlato di sintomatologia di atteggiamenti irresponsabili e pericolosi, ma purtroppo, ormai vedo la società napoletana puntare sulle divisioni sociali, sul disimpegno, sulle speculazioni economiche in danno degli ingenui da spolpare.

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