Compie 60 anni l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), fondato il 14 dicembre 1950, con il compito allora di gestire la situazione dei rifugiati nell’Europa del secondo dopoguerra
RadioVaticana - La prima emergenza già nel ‘56 con l’ondata di rifugiati causata dall’intervento sovietico per sedare la rivoluzione ungherese, poi gli anni ‘60 segnati dalle lotte per l’indipendenza dei Paesi africani, quindi le tante crisi in Asia e in America Latina negli anni ’70 e ‘80 e la fine del comunismo e le guerre nei Balcani in Europa negli anni ’90, per arrivare ai flussi migratori che attraversano l’intero pianeta ai giorni nostri. I fronti aperti per l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati si sono amplificati per salvare la vita a milioni di persone in fuga da guerre, persecuzioni, instabilità politiche ma anche fame e calamità naturali, come sottolinea l’Alto Commissario Antonio Guterres:
“Ci sono nuovi motivi per questi spostamenti forzati e la comunità internazionale deve essere in grado di affrontare queste sfide. Penso sia molto importante riconoscere che l’azione dell’Acnur ha rappresentato per molte persone la vita invece che la morte; una casa al posto della miseria totale; la salute al posto di una malattia che può comportare perfino il rischio di morte; la protezione contro le più drammatiche violazioni dei diritti umani. Abbiamo molte ragioni per essere orgogliosi, ma abbiamo ancora più ragioni per essere preoccupati per le sfide che ci troviamo a dover affrontare al momento e nel riconoscere che sfortunatamente l’origine dei conflitti e degli spostamenti non è stata eliminata e che i prossimi anni saranno impegnativi come quelli passati”.
L’Alto Commissariato lancia oggi un appello per un maggiore impegno in favore dei rifugiati. Ma cosa si chiede: più soldi a disposizione, più efficienza dell’organizzazione o una revisione degli accordi internazionali in materia. Laura Boldrini, portavoce dell’agenzia dell’Onu:
R. - Si chiedono tutte e tre le cose. Certamente, però, oggi la comunità internazionale, in qualche modo, deve imparare a relazionarsi anche a nuovi problemi, che sono alla base della fuga. Sessant'anni fa, quando fu istituito l’Alto Commissariato, il quadro era molto più semplice e quindi anche più codificabile. Ci sono, dunque, nuovi scenari, nuovi schemi di movimento forzato delle popolazioni e questi nuovi schemi impongono nuove sfide e nuove riflessioni.
D. – Allora, c’è forse bisogno di rivedere lo Statuto dell’Alto Commissariato?
R. – Diciamo che la Convenzione di Ginevra del ’51 è la base, è la pietra miliare del diritto internazionale dei rifugiati e, secondo noi, quella è sempre la Convenzione di riferimento, la quale, magari, può essere completata, alla luce delle evoluzioni che ci sono state e anche delle nuove sfide.
D. – Ma c’è un dibattito in corso su questo tema?
R. – Sì, c’è un dibattito in corso anche sulla stessa connotazione dei cosiddetti “eco-rifugiati” o dei rifugiati della crisi economica. Dopo di che, è chiaro che la comunità internazionale deve anche dare delle risposte ai nuovi spostamenti forzati di popolazione, ai nuovi schemi che stanno emergendo negli ultimi anni. (ap)
“Ci sono nuovi motivi per questi spostamenti forzati e la comunità internazionale deve essere in grado di affrontare queste sfide. Penso sia molto importante riconoscere che l’azione dell’Acnur ha rappresentato per molte persone la vita invece che la morte; una casa al posto della miseria totale; la salute al posto di una malattia che può comportare perfino il rischio di morte; la protezione contro le più drammatiche violazioni dei diritti umani. Abbiamo molte ragioni per essere orgogliosi, ma abbiamo ancora più ragioni per essere preoccupati per le sfide che ci troviamo a dover affrontare al momento e nel riconoscere che sfortunatamente l’origine dei conflitti e degli spostamenti non è stata eliminata e che i prossimi anni saranno impegnativi come quelli passati”.
L’Alto Commissariato lancia oggi un appello per un maggiore impegno in favore dei rifugiati. Ma cosa si chiede: più soldi a disposizione, più efficienza dell’organizzazione o una revisione degli accordi internazionali in materia. Laura Boldrini, portavoce dell’agenzia dell’Onu:
R. - Si chiedono tutte e tre le cose. Certamente, però, oggi la comunità internazionale, in qualche modo, deve imparare a relazionarsi anche a nuovi problemi, che sono alla base della fuga. Sessant'anni fa, quando fu istituito l’Alto Commissariato, il quadro era molto più semplice e quindi anche più codificabile. Ci sono, dunque, nuovi scenari, nuovi schemi di movimento forzato delle popolazioni e questi nuovi schemi impongono nuove sfide e nuove riflessioni.
D. – Allora, c’è forse bisogno di rivedere lo Statuto dell’Alto Commissariato?
R. – Diciamo che la Convenzione di Ginevra del ’51 è la base, è la pietra miliare del diritto internazionale dei rifugiati e, secondo noi, quella è sempre la Convenzione di riferimento, la quale, magari, può essere completata, alla luce delle evoluzioni che ci sono state e anche delle nuove sfide.
D. – Ma c’è un dibattito in corso su questo tema?
R. – Sì, c’è un dibattito in corso anche sulla stessa connotazione dei cosiddetti “eco-rifugiati” o dei rifugiati della crisi economica. Dopo di che, è chiaro che la comunità internazionale deve anche dare delle risposte ai nuovi spostamenti forzati di popolazione, ai nuovi schemi che stanno emergendo negli ultimi anni. (ap)
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