I responsabili di gravi violenze nella regione dello Xinjiang saranno condannati a morte. Lo ha annunciato il capo del Partito Comunista di Urumqi, capitale della regione dello Xinjiang dove domenica sono esplosi scontri a sfondo etnico.
Radio Vaticana - Fonti giornalistiche riferiscono di episodi di linciaggio di “uighuri”, di origine musulmana, da parte di cinesi di etnia “han” anche nelle ultime ore. La Cina ha parlato di 156 morti, aggiungendo che la cifra definitiva potrebbe essere più alta. In un articolo pubblicato oggi sul Wall Street Journal, la Kadeer, un'imprenditrice di 62 anni che vive in esilio dal 2005, afferma che si parla anche di cento uighuri uccisi a Kashgar. A causa dell’aggravarsi delle tensioni, il presidente cinese, Hu Jintao, ha lasciato l’Italia, dove era giunto nei giorni scorsi per partecipare al G8, ed è rientrato in Cina. Giancarlo La Vella ha intervistato Stefano Vecchia, esperto di Estremo Oriente (ascolta).
R. – Di fatto, sono contrasti che hanno anche delle fondamenta di carattere economico e sociale: da un lato, una minoranza che rischia di essere soverchiata e, dall’altro, una maggioranza che viene spinta ad entrare nelle terre delle minoranze, per cercare nuove possibilità di vita e di guadagno.
D. – Le autorità cinesi che cosa possono e che cosa vogliono fare per arginare questa violenza?
R. – Le autorità cinesi stanno intervenendo in modo deciso. La preoccupazione maggiore è quella di tenere separate le due etnie. Indubbiamente nella situazione, Pechino ha una forte responsabilità: da un lato, quella di mantenere o ripristinare l’ordine e, dall’altra, quella anche di tener conto delle istanze, delle ragioni degli uighuri, che vengono sovente discriminati anche in casa propria e che all’esterno della provincia sono considerati come manovalanza di basso costo.
D. – Spesso il governo di Pechino viene accusato di non voler tutelare lo sviluppo delle culture locali. È lo stesso per quanto riguarda gli uighuri?
R. – La responsabilità di Pechino verso le minoranze è una responsabilità che ha una base nella Costituzione, che garantisce alle minoranze una loro certa autonomia e i loro tratti culturali. Di fatto, però, questi tratti culturali, questa autonomia e spesso anche il benessere di queste popolazioni minoritarie vanno a perdersi nell’assimilazione incentivata e a volte forzata all’interno della grande maggioranza han.
Radio Vaticana - Fonti giornalistiche riferiscono di episodi di linciaggio di “uighuri”, di origine musulmana, da parte di cinesi di etnia “han” anche nelle ultime ore. La Cina ha parlato di 156 morti, aggiungendo che la cifra definitiva potrebbe essere più alta. In un articolo pubblicato oggi sul Wall Street Journal, la Kadeer, un'imprenditrice di 62 anni che vive in esilio dal 2005, afferma che si parla anche di cento uighuri uccisi a Kashgar. A causa dell’aggravarsi delle tensioni, il presidente cinese, Hu Jintao, ha lasciato l’Italia, dove era giunto nei giorni scorsi per partecipare al G8, ed è rientrato in Cina. Giancarlo La Vella ha intervistato Stefano Vecchia, esperto di Estremo Oriente (ascolta).R. – Di fatto, sono contrasti che hanno anche delle fondamenta di carattere economico e sociale: da un lato, una minoranza che rischia di essere soverchiata e, dall’altro, una maggioranza che viene spinta ad entrare nelle terre delle minoranze, per cercare nuove possibilità di vita e di guadagno.
D. – Le autorità cinesi che cosa possono e che cosa vogliono fare per arginare questa violenza?
R. – Le autorità cinesi stanno intervenendo in modo deciso. La preoccupazione maggiore è quella di tenere separate le due etnie. Indubbiamente nella situazione, Pechino ha una forte responsabilità: da un lato, quella di mantenere o ripristinare l’ordine e, dall’altra, quella anche di tener conto delle istanze, delle ragioni degli uighuri, che vengono sovente discriminati anche in casa propria e che all’esterno della provincia sono considerati come manovalanza di basso costo.
D. – Spesso il governo di Pechino viene accusato di non voler tutelare lo sviluppo delle culture locali. È lo stesso per quanto riguarda gli uighuri?
R. – La responsabilità di Pechino verso le minoranze è una responsabilità che ha una base nella Costituzione, che garantisce alle minoranze una loro certa autonomia e i loro tratti culturali. Di fatto, però, questi tratti culturali, questa autonomia e spesso anche il benessere di queste popolazioni minoritarie vanno a perdersi nell’assimilazione incentivata e a volte forzata all’interno della grande maggioranza han.
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