Secondo la relazione presentata dal governo tra 2007 e 2008 sono stati effettuati il 4,1 per cento in meno di aborti. Ma non c'è da esultare. Ecco perché.
Tempi - In calo il numero degli aborti in Italia. Un dato tanto più significativo se paragonato al trend inverso degli altri paesi. Secondo la relazione presentata dal ministero del Welfare al Parlamento sull'attuazione della legge 194, che regola l'interruzione volontaria di gravidanza dal 1978, tra 2007 e 2008 sono stati effettuati il 4,1% in meno di aborti. Che non si tratti di una cifra viziata da altri indicatori lo conferma il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, per cui «a causare la diminuzione degli aborti non è il fatto che si facciano sempre meno figli». Anzi, l'analisi presentata dimostrerebbe il contrario, avendo calcolato il “rapporto di produttività”, che si ricava tenendo conto del numero di bambini nati vivi è sceso del 4,9 per cento. In picchiata anche il “tasso di abortività” che, conteggiato per numero di aborti ogni 1.000 donne in età fertile (dai 15 ai 49 anni), è sceso all'8,1 per cento. L'unico margine d'imprecisione dei risultati deriva dal numero degli aborti clandestini, la cui cifra di 15 mila, risale al 2005, ultimo anno in cui è stato possibile raccogliere le informazioni necessarie per il suo computo.
Ma se il dato, che secondo il sottosegretario è in controtendenza rispetto al resto d'Europa perché «da noi si sente l'effetto famiglia», può dirsi positivo, c'è altro ad allarmare: la percentuale delle donne immigrate che praticano l'interruzione volontaria di gravidanza è fino a tre o quattro volte maggiore di quello delle italiane visto «l'accesso più difficile a strutture sanitarie e consultori d'aiuto».
La relazione del ministero confermerebbe anche un'applicazione migliore della legge 194, nonostante il comportamento di alcune regioni che ricorrono alla procedura d'urgenza anche laddove non sia necessaria e facendo saltare la pausa prevista per una riflessione approfondita: in testa la Toscana dove è successo nel 22,7 per cento dei casi, seguita da Emilia Romagna (14,7%) e dalla Campania (12,8%). In generale, e sul versante opposto, aumenta invece la percentuale dei medici che disapprovano la pratica e scelgono per l'obiezione di coscienza, dal 58,7% del 2005 è passata al 70,5 del 2007.
I dati sono importanti per il fine dello studio che, ha concluso la Roccella, è quello di «capire le ragioni che portano la donna a praticare l'aborto, per promuovere un'attività di prevenzione mirata (contro la solitudine, la povertà o la disinformazione) e rafforzare la rete d'aiuti».
Tempi - In calo il numero degli aborti in Italia. Un dato tanto più significativo se paragonato al trend inverso degli altri paesi. Secondo la relazione presentata dal ministero del Welfare al Parlamento sull'attuazione della legge 194, che regola l'interruzione volontaria di gravidanza dal 1978, tra 2007 e 2008 sono stati effettuati il 4,1% in meno di aborti. Che non si tratti di una cifra viziata da altri indicatori lo conferma il sottosegretario al Welfare, Eugenia Roccella, per cui «a causare la diminuzione degli aborti non è il fatto che si facciano sempre meno figli». Anzi, l'analisi presentata dimostrerebbe il contrario, avendo calcolato il “rapporto di produttività”, che si ricava tenendo conto del numero di bambini nati vivi è sceso del 4,9 per cento. In picchiata anche il “tasso di abortività” che, conteggiato per numero di aborti ogni 1.000 donne in età fertile (dai 15 ai 49 anni), è sceso all'8,1 per cento. L'unico margine d'imprecisione dei risultati deriva dal numero degli aborti clandestini, la cui cifra di 15 mila, risale al 2005, ultimo anno in cui è stato possibile raccogliere le informazioni necessarie per il suo computo.Ma se il dato, che secondo il sottosegretario è in controtendenza rispetto al resto d'Europa perché «da noi si sente l'effetto famiglia», può dirsi positivo, c'è altro ad allarmare: la percentuale delle donne immigrate che praticano l'interruzione volontaria di gravidanza è fino a tre o quattro volte maggiore di quello delle italiane visto «l'accesso più difficile a strutture sanitarie e consultori d'aiuto».
La relazione del ministero confermerebbe anche un'applicazione migliore della legge 194, nonostante il comportamento di alcune regioni che ricorrono alla procedura d'urgenza anche laddove non sia necessaria e facendo saltare la pausa prevista per una riflessione approfondita: in testa la Toscana dove è successo nel 22,7 per cento dei casi, seguita da Emilia Romagna (14,7%) e dalla Campania (12,8%). In generale, e sul versante opposto, aumenta invece la percentuale dei medici che disapprovano la pratica e scelgono per l'obiezione di coscienza, dal 58,7% del 2005 è passata al 70,5 del 2007.
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