Interviste con il cardinale Erdö e mons. Giordano
Il servizio da Strasburgo di Fausta Speranza - L’insegnamento a contenuto confessionale rappresenta il modello largamente prevalente, ma ci sono contesti in cui non si va oltre la disciplina etica. I rappresentanti di Unione Europea e Consiglio d'Europa hanno ribadito che, in ogni caso, l’insegnamento della religione rappresenta una risorsa per tutte le società. Mons. Crociata ha sottolineato l'importanza di un'Europa che non pensi solo ai mercati ma ai valori e che metta al centro di tutto la persona. Mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d'Europa, ha affermato che dopo anni di diffidenza c'è un rinnovato interesse per il fatto religioso. Le sue riflessioni nell'intervista che ci ha rilasciato:
R. - Per me, personalmente, è anche un momento particolare di emozione, perché il 5 maggio 1949 veniva fondato il Consiglio d’Europa. Io sono arrivato qui come osservatore della Santa Sede nel 1 settembre dell’anno scorso e, precedentemente, ero segretario del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, organismo che ha realizzato questa ricerca, che io quindi ho accompagnato.
D. - Le questioni di fondo, mons. Giordano, quali sono?
R. - Oggi, noi notiamo un ritorno dell’interesse per il fatto religioso. Se abbiamo vissuto qualche decennio di un certo sospetto, di oblio di questo tema, adesso notiamo che il tema ritorna, molto fortemente - anche se ci sono ancora rimasugli di questo sospetto, di quest’oblio. C’è una riscoperta che la religione è un fatto politico, ha un’importanza per la società e per la politica e qui siamo un po’ in all'interno di una ambiguità. Da una parte, c’è chi vede che la religione spesso è usata o sfruttata anche per delle posizioni violente, ed è lo choc dell’11 settembre 2001 che ha mostrato quest’aspetto. Dall’altra parte, c’è una coscienza sempre maggiore di come la religione sia determinante per la pace, per la solidarietà, per la convivenza tra i popoli. C’è una coscienza rinnovata dal fatto che la religione è fondamentale per le culture. Inoltre, diventa sempre più urgente, in Europa, la questione del senso della vita: non dobbiamo dimenticarci che, almeno in 15 Paesi d’Europa, la più alta percentuale di morti di giovani e ragazzi è il suicidio. Come si giustifica allora l’insegnamento della religione nella scuola? Anzitutto, io ritengo perché la religione è una scienza, che come tale ha il diritto ed il dovere di stare nel curriculum formativo scolastico. La religione è una materia studiata da un numero enorme di scienze, forse nessuno degli altri oggetti è così studiato: pensiamo alla Storia della religioni, alla Psicologia delle religioni, alla Sociologia delle religioni, alla Fenomenologia della religione, alla Filosofia della religione - per non parlare della Teologia, che è la scienza tipica della religione. E d’altra parte, anche per il fatto che nella scuola vi è una dimensione fortemente educativa, e quindi è importante cogliere il legame tra educazione, formazione e religione. Un altro nodo che noi dobbiamo affrontare è come conciliare l’insegnamento confessionale - che noi riteniamo avere una serietà metodologica di contenuto enorme - con il pluralismo religioso che oggi in Europa. Dunque, noi abbiamo una questione ecumenica e abbiamo una questione interreligiosa. Da una parte, sentiamo che la religione non è mai un fatto generico, astratto, impersonale: le religioni hanno un volto, hanno una loro storia, sono accadimenti nella storia e quindi l’insegnamento serio della religione dev’essere, in qualche maniera, confessionale, cioè legato ad un’esperienza precisa. Come conciliare questo con il fatto del pluralismo religioso in Europa? Questa è un’altra domanda che teniamo in considerazione e credo che dovremo affrontarla sempre di più, forse anche a livello ecumenico e a livello interreligioso.
Di affinità e differenze in Europa, ci ha parlato il cardinale Péter Erdö, aggiungendo un ricordo personale:
R. - L’insegnamento della religione nella scuola ha un vero senso: è utile sia per la Chiesa, per la fede, che, oggettivamente, per l’educazione, in tutta l’Europa. Certamente, le forme giuridiche, la posizione legale dell’insegnamento nella scuola possono essere diverse. Anche la posizione sociologica della religione e delle religioni è ben diversa nei diversi Paesi dell’Europa: ci sono Paesi tutt’ora a maggioranza cattolica, ci sono Paesi a maggioranza cristiana ma non cattolica, Paesi dove i gruppi religiosi si equivalgono in termini quantitativi, Paesi a maggioranza non credente, Paesi a maggioranza islamica, e tutto questo è presente in Europa. Mi ricordo molto bene di un fatto quando frequentavo la scuola elementare in Ungheria: tutta la propaganda ufficiale lanciava accuse dicendo: “Ci sono ancora genitori retrogradi, che danno una doppia educazione ai figli”. In altre parole, mentre c'erano alcuni che volevano ancora l’ora di religione per i figli, si voleva sostenere che la doppia educazione non era accettabile, che faceva male psicologicamente ai bambini, che i genitori non dovevano educare i loro figli diversamente dall’ideologia dello Stato. Ma questo rappresentava proprio il capovolgimento della sussidiarietà. Adesso vediamo, con un certo ottimismo, che tale modo di ragionare torva poco spazio in Europa, e sicuramente non deve ritornare.
D. - La ricerca presentata a Bruxelles è frutto dell’elaborazione di tanti dati messi insieme da tutte le Conferenze episcopali europee. Ma non può finire qui questo lavoro di coordinamento a livello europeo: potrà dare frutti anche per il futuro? C’è l'impegno a continuare in questo scambio?
R. - Nel Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa esiste una sezione che si dedica alla catechesi e all’insegnamento della religione. Proprio in questi giorni ci terrà la sessione, a Roma: lo consideriamo quindi un compito non soltanto importante, ma anche gioioso per noi, che abbiamo la possibilità di migliorare i nostri metodi, la possibilità di guardare al contenuto del nostro insegnamento della religione, perché è lì che ci sono grandi differenze nei diversi Paesi. In alcune nazioni, l’ora di religione dev’essere multilaterale, anche se il maestro di religione è un cattolico credente. In altri contesti, con gli stessi criteri giuridici, ciò sarebbe un insegnamento controproducente, e quindi ci sono diverse posizioni, ed ognuno può imparare dall’esperienza dell’altro.
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