Intervista al bioclimatologo Maracchi.
Radiovaticana - Prosegue a Poznan, in Polonia, la conferenza Onu sul surriscaldamento del pianeta. Oltre 11mila delegati, provenienti da 192 Paesi, si stanno confrontando sui principali problemi climatici della Terra. Obiettivo del summit: dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2050 e fissare un obiettivo intermedio capace di stimolare l’innovazione industriale. Intanto, oggi a Bruxelles, viene discusso il pacchetto clima-energia da parte dei ministri degli Esteri e dell'Energia dell’Unione Europea.
Per una riflessione sullo stato di salute del nostro pianeta, Salvatore Sabatino ha intervistato Giampiero Maracchi, direttore dell’Istituto di Biometeorologia del Cnr:
R. – Lo vediamo da quello che succede ormai da 15 anni. Per quanto riguarda il clima, certamente siamo di fronte a dei cambiamenti importanti. Non è soltanto il clima, perché poi c'è tutta una serie di altri problemi, basti pensare per esempio al ciclo dei rifiuti. Io ritengo che le misure prese per il Protocollo di Kyoto, che è anche quello di cui si discute in questi giorni a Poznan, siano indubbiamente indispensabili, ma probabilmente non sono sufficienti.
D. – Tra l’altro, da Poznan giunge un grido di allarme: devono essere varate misure adeguate per affrontare il cambiamento climatico, altrimenti il riscaldamento globale, si dice, accrescerà la povertà e arresterà lo sviluppo fino ad invertirne il corso. E’ una versione, secondo lei, catastrofista o reale?
R. – No, è una versione abbastanza reale. Diciamo che va letta in questi termini: le modifiche climatiche in un secolo in cui l’urbanizzazione, le attività industriali, le attività economiche in genere sono complesse si traducono comunque esse siano, positive o negative - nella maggior parte dei casi negative – in costi molto elevati. Quindi, questo mette in crisi le economie dei diversi Paesi.
D. – Il presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama, ha detto più volte che poche sfide sono più urgenti della battaglia contro il cambiamento climatico. Come valutare questa nuova posizione assunta dagli Stati Uniti, con questa nuova amministrazione?
R. – Ovviamente, in modo positivo. Il problema è se si riesce a centrare veramente il cuore delle varie problematiche, che, a mio avviso, hanno a che vedere con il modello di economia.
D. – Professore, quali sono i risultati che lei personalmente si attende da questa conferenza di Poznan?
R. – Un po’ più di coraggio rispetto al passato e meno conferenze, perché ormai dal ’97 ad oggi ne abbiamo fatte molte e abbiamo spesso partecipato anche noi. Le conferenze sono senz’altro utili, ma poi è la realizzazione quella che conta e su questo piano, secondo me, c’è ancora un grave ritardo.
Radiovaticana - Prosegue a Poznan, in Polonia, la conferenza Onu sul surriscaldamento del pianeta. Oltre 11mila delegati, provenienti da 192 Paesi, si stanno confrontando sui principali problemi climatici della Terra. Obiettivo del summit: dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2050 e fissare un obiettivo intermedio capace di stimolare l’innovazione industriale. Intanto, oggi a Bruxelles, viene discusso il pacchetto clima-energia da parte dei ministri degli Esteri e dell'Energia dell’Unione Europea. Per una riflessione sullo stato di salute del nostro pianeta, Salvatore Sabatino ha intervistato Giampiero Maracchi, direttore dell’Istituto di Biometeorologia del Cnr:
R. – Lo vediamo da quello che succede ormai da 15 anni. Per quanto riguarda il clima, certamente siamo di fronte a dei cambiamenti importanti. Non è soltanto il clima, perché poi c'è tutta una serie di altri problemi, basti pensare per esempio al ciclo dei rifiuti. Io ritengo che le misure prese per il Protocollo di Kyoto, che è anche quello di cui si discute in questi giorni a Poznan, siano indubbiamente indispensabili, ma probabilmente non sono sufficienti.
D. – Tra l’altro, da Poznan giunge un grido di allarme: devono essere varate misure adeguate per affrontare il cambiamento climatico, altrimenti il riscaldamento globale, si dice, accrescerà la povertà e arresterà lo sviluppo fino ad invertirne il corso. E’ una versione, secondo lei, catastrofista o reale?
R. – No, è una versione abbastanza reale. Diciamo che va letta in questi termini: le modifiche climatiche in un secolo in cui l’urbanizzazione, le attività industriali, le attività economiche in genere sono complesse si traducono comunque esse siano, positive o negative - nella maggior parte dei casi negative – in costi molto elevati. Quindi, questo mette in crisi le economie dei diversi Paesi.
D. – Il presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama, ha detto più volte che poche sfide sono più urgenti della battaglia contro il cambiamento climatico. Come valutare questa nuova posizione assunta dagli Stati Uniti, con questa nuova amministrazione?
R. – Ovviamente, in modo positivo. Il problema è se si riesce a centrare veramente il cuore delle varie problematiche, che, a mio avviso, hanno a che vedere con il modello di economia.
D. – Professore, quali sono i risultati che lei personalmente si attende da questa conferenza di Poznan?
R. – Un po’ più di coraggio rispetto al passato e meno conferenze, perché ormai dal ’97 ad oggi ne abbiamo fatte molte e abbiamo spesso partecipato anche noi. Le conferenze sono senz’altro utili, ma poi è la realizzazione quella che conta e su questo piano, secondo me, c’è ancora un grave ritardo.
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