martedì, dicembre 09, 2008
Non sono bastati gli accorati appelli dell'inviato Onu, Olusebun Obasanjo, ad avvicinare i due principali protagonisti della crisi in Congo: ieri, all'apertura dei colloqui di pace di Nairobi tra i ribelli del Consiglio Nazionale per la Difesa del Popolo e il governo, mancavano proprio Laurent Nkunda e Joseph Kabila, rispettivamente capo dei ribelli e presidente del Congo. Ma nonostante l'assenza dei due capi, l'obiettivo dei colloqui resta invariato. Tentare di porre fine alla guerra che, dallo scorso 28 agosto, insanguina la regione orientale del Kivu.

PeaceReporter - "Andiamo a Nairobi consci di aver vinto la guerra. Per questo motivo potremmo addirittura sollevare la questione della leadeship che guida il Paese", ha dichiarato a PeaceReporter Bertrand Bisimwa, portavoce dei ribelli. Parole dure, che riflettono quanto siano distanti al momento le posizioni delle due parti. Il lavoro per il mediatore keniano, il presidente Mwai Kibaki, si annuncia duro. Arrivare a un accordo su una tregua permanente, e sul conseguente ritorno a casa di circa 250.000 sfollati, non sarà facile.

Anche perché i colloqui non sono partiti sotto i migliori auspici: lo scorso fine settimana, il governo di Kinshasa ha invitato alla conferenza di pace tutti i gruppi ribelli ancora attivi nel Kivu, in una riedizione dei colloqui avvenuti lo scorso gennaio, che portarono a un accordo sul disarmo mai rispettato. Peccato che gli uomini di Nkunda, che ormai controllano buona parte del Kivu dopo aver messo più volte in rotta l'esercito congolese, non ne vogliano sapere di conferenze allargate: il leader del Cndp chiede un incontro bilaterale con la delegazione governativa, possibilmente con il presidente Kabila. Il quale, però, non ne vuole sapere di un faccia a faccia con Nkunda, ritenendo ancora valido l'accordo siglato lo scorso gennaio.

Se sul campo la situazione militare è sensibilmente migliorata nelle ultime settimane, lo stesso Bisimwa ha ammesso che le condizioni degli sfollati rimangono "estremamente difficili". Il raggiungimento di un accordo per il ritorno della popolazione civile alle proprie case diventa così indispensabile per non aggravare una situazione già precaria. Ma se, nella migliore delle ipotesi, un accordo venisse raggiunto, la sua messa in pratica potrebbe rivelarsi comunque problematica. La Monuc, la missione Onu in Congo forte di 17.000 caschi blu, non ha i mezzi necessari per controllare l'intera regione del Kivu. Le Nazioni Unite hanno approvato l'invio di un altro contingente di 3.000 uomini, ma il suo arrivo in Congo si farà attendere. E l'Unione Europea, a cui è stato chiesto l'invio di altri 3.000 peacekeepers come ponte in attesa dell'arrivo dei caschi blu, per il momento nicchia, nascondendosi dietro alle divisioni tra i vari stati membri.

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