venerdì, giugno 20, 2008

Diario della visita alla comunità di Elbasan, in Albania, dove le Suore Domenicane della Beata Imelda hanno creato una scuola per i più piccoli.

3° puntata: saluto alla comunità e riflessioni finali
(clicca qui per la prima e qui per la seconda)


Nell’ultimo pomeriggio della nostra vacanza avevamo un impegno. Volevamo passare ancora un po’ di tempo con due care ragazze che stiamo seguendo e la loro famiglia. Finora non ne ho parlato perché meritano un discorso a parte. A seguito dell’offerta da parte nostra di voler aiutare qualcuno di loro conoscenza, lo scorso inverno le suore ci avevano suggerito di aiutare una ragazza che frequenta la loro comunità aiutandole nelle varie attività ma soprattutto insegnando ai bambini più poveri a leggere e scrivere, visto che studia all’università per diventare insegnante. Anche con lei, che parla e scrive in italiano, avevamo già iniziato una corrispondenza. Avevamo pregato le suore di non dirle che saremmo andati da loro. Reljeta, questo è il suo nome, aveva una nostra foto ma vedendoci non riusciva a capire che noi fossimo proprio lì in carne ed ossa. Ricordo ancora il sabato mattina quando è arrivata per trascorrere un po’ di tempo dalle Suore e si è trovata di fronte prima mio marito e poi me. Ringrazio ancora adesso le Suore per averci assecondato in questa “sorpresa”… e anche loro, nelle ore precedenti, continuavano a domandarsi come sarebbe stato questo incontro. In effetti, è stata una vera festa. Con lei abbiamo conosciuto la sorella Boriana e nei giorni successivi tutta la famiglia. Durante il nostro soggiorno abbiamo passato insieme dei bei momenti. Sono due ragazze molto riservate ma nello stesso tempo spontanee e buone.

Da questo incontro abbiamo ricevuto una bella sensazione che ancora continua. Attraverso i loro occhi ci siamo visti migliori, ci siamo sentiti ascoltati e considerati per quello che stavamo vivendo insieme, non avevamo mandato “cose” ma eravamo arrivati noi. Per l’ultimo incontro con la famiglia di Reljeta abbiamo chiesto a Suor Damiana di accompagnarci. Il saluto di commiato con la famiglia è stato accompagnato da una tavola imbandita di tutto. Erano le 17, avremmo cenato con le Suore più tardi, ma loro… ci hanno preparato un pranzo! Ho provato ad accennare ai miei problemi di stomaco ma loro, quando sei ospite, sono sordi a tutto. É stato triste salutarli anche se i nostri contatti continuano tuttora e le Suore sono tanto care perché fanno in modo che questo bel rapporto prosegua.

L’ultima sera è trascorsa piacevolmente, anche se ancora non ci sembrava vero di essere stati li, né tanto meno, che stavamo già per ripartire. La mattina della partenza avevamo ancora a disposizione un’ora per poterci recare a salutare i bimbi della materna e per vedere la Scuola diretta da Suor Cecilia con i ragazzi dai 6 ai 14 anni. In effetti, i piccoli della materna avevano rapito di più la nostra attenzione. Suor Cecilia ha voluto accompagnarci in una classe e così siamo entrati nella prima classe, con i bambini di 6-7 anni. Dopo un primo momento di imbarazzo anche loro hanno voluto salutarci con brani di canzoni in lingua italiana. Ma era arrivato il momento di partire.

Avevamo salutato già tutte la sera prima e incontrandole la mattina durante la colazione abbiamo rinnovato i nostri ringraziamenti per l’opportunità che ci era stata data. Ancora un saluto, e il cancello si apriva per l’ultima volta. Rivedo Suor Agnese che ci seguiva salutandoci. Il viaggio verso Tirana, in una giornata di sole e facendo la strada che passa da Durazzo è stato veloce. In effetti, il paesaggio è diverso, sa di pianura vicina al mare. L’Albania ha un territorio ancora molto verde e paesaggisticamente bello anche se le costruzioni che incontri non hanno una linea architettonica simile fra loro. Buffi, perché non troverei ora un altro aggettivo, i bunker in cemento fatti costruire durante la dittatura, che sbucano come funghi grigi nella campagna. Testimonianze di un lungo e cupo periodo per questa nazione.

Arrivati all’aeroporto la sorpresa: il volo partiva in ritardo di 3 ore causa sciopero dei trasporti in Italia. Abbiamo potuto così chiacchierare ancora un po’ con Antonio e Suor Margherita che ci hanno fatto compagnia fino alla partenza. Alle 15.00 salutavamo i nostri cari amici e alle 16 decollavamo verso casa.

Come definire questa nostra esperienza
Due sensazioni: la prima quasi di rifiuto, soprattutto nei primi giorni in Albania, verso tanta miseria. Rifiuto di pensare che in una nazione praticamente europea si possa ancora vivere così. La seconda di fastidio, nella prima mattina in Italia andando in un supermercato: i discorsi della gente, tanta merce a disposizione negli scaffali che ci faceva pensare a una realtà ben diversa. Sensazioni che ci hanno accompagnato per diversi giorni. Poi la vita... ritorna la stessa. Ora sta a noi fare veramente tesoro di questa esperienza.

Molte volte, quando parliamo con conoscenti dell’adozione a distanza, ci sentiamo dire: «Ma siete sicuri che quello che date, arrivi veramente ai destinatari?». Ecco, noi non ne avevamo dubbi ma con questo viaggio abbiamo percepito con tutti i sensi quanto sono necessari anche i granelli più piccoli di generosità verso queste iniziative. Per noi è stata una vera sorpresa scoprire questa oasi che è la Scuola Imelda Lambertini in Elbasan come le altre Comunità Religiose che abbiamo incontrato. Vedere quei bambini giocare nel giardino e prima lavorare a scuola, vedere in che modo sono accolti la mattina e seguiti durante il giorno, incontrare i poveri che suonano alla porta perché sanno che da lì non andranno mai via a mani vuote o senza essere stati ascoltati.

Questa per le suore è la vita di tutti i giorni, per noi era un miracolo perché abbiamo visto il contesto generale dove non esiste attenzione né per l’individuo né per la collettività. Possiamo immaginare cosa sarebbe stato tutto questo senza il loro intervento? Tutte le persone che abbiamo incontrato o che gravitano attorno a questa Comunità come alle altre presenti nel territorio, che qualità di vita avrebbero avuto? Perché anche questo significa la loro presenza: dare dignità all’essere umano.


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