giovedì, gennaio 12, 2012
Viaggio in una lirica dove le sensazioni diventano pensiero, la bellezza si tramuta in versi, l’anima si accosta all’assolutodi Paola Bisconti Lo spirito francescano di Michele Pierri racchiude le caratteristiche di un uomo intento ad addentrarsi nei dogmi religiosi attraverso la poesia. Percorrendo quasi un secolo di vita, Pierri conduce un’esistenza ricca di eventi, che lo inducono a scrivere e a descrivere con passione una intensa quotidianità. Nato a Napoli nel 1899, consegue la laurea nella stessa città, dove conosce Giuseppe Moscati, diventando, da allievo universitario, suo assistente come medico di bordo durante le rotte tra il Brasile e l’Argentina
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giovedì, gennaio 12, 2012
È in libreria da gennaio 2012 il nuovo libro di Renato Zilio: "Dio attende alla frontiera". Prefazione di Don Pietro Vittorelli, abate di MontecassinoRiflessioni, come pagine di diario, suggerite a Renato Zilio dagli incontri quotidiani con i migranti, le persone “di frontiera” in cui – a Londra come in Marocco o a Parigi – l’Autore rinviene tracce del volto di Dio. «In emigrazione, a contatto con mondi culturali diversi – afferma padre Zilio - si capisce quanto nella nostra cultura e nel nostro spirito siano rimaste annidate abitudini antiche. Ormai, in un mondo dal pensiero sistemico e globalizzante, la sinergia è diventata una parola-chiave per vincere. Saper collaborare con chi la pensa diversamente, con chi è su un’altra sponda: questo è pensare al bene comune, anzi un agire comune. È il messaggio dei nostri emigranti in situazioni di emergenza come quella l’attuale: saper lottare per una causa comune» (da perfettaletizia.blogspot.com)
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venerdì, dicembre 16, 2011
Il parroco di Mozzate-Tradatese don Luigi ha raccolto e stampato in proprio le storie scritte dal nostro redattore Silvio FoiniIl Notiziario (
Mozzate) – Animali parlanti, qualche bimbo birichino e tanti insegnamenti sui valori cristiani sono i protagonisti della fiabe scritte da Silvio Foini, scrittore mozzatese, e che sono state raccolte da Don Liugi Alberio per essere donate ai piccoli dell’oratorio. Ma andiamo con ordine: tutto è iniziato qualche anno fa quando Foini, fin da giovane dedito alla scrittura tanto da aver pubblicato anche qualche romanzo, ha iniziato a curare la rubrica di fiabe sul giornale on line ‘La Perfetta Letizia’ (
www.laperfettaletizia.com)
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domenica, ottobre 23, 2011
Da “Dietro al paesaggio” a “Conglomerati”: unità di poesia e di pensierodi Benedetta BiasciAndrea Zanzotto, morto il 18 ottobre all’ospedale di Conegliano Veneto, è stato uno dei più grandi autori della poesia italiana del Novecento, caldeggiato addirittura più volte per il Nobel per la letteratura. Aveva compiuto da pochi giorni novant’anni, ma non aveva mai smesso di dedicarsi al suo grande amore, la poesia. La sua vita peraltro è stata sempre molto movimentata, ricca di interessi e di emozioni: partecipò alla Resistenza nella fila di Giustizia e Libertà, occupandosi del settore stampa e propaganda
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venerdì, ottobre 07, 2011
Tomas Tranströmer ha vinto il premio Nobel per la Letteratura 2011: è poeta, psicologo, traduttore. La sua poesia è stata profondamente influente nella nativa Svezia, ma anche nel resto del mondo, tanto che il suo lavoro è stato tradotto in almeno una cinquantina di lingue.di Claudia Zichi L’Accademia svedese nella motivazione fa riferimento alle “sue immagini dense, limpide”, che offrono “un nuovo accesso alla realtà”. L’annuncio a Stoccolma è stato accolto con un boato di applausi nella sala stracolma di giornalisti. In Italia Tranströmer è pubblicato da Crocetti, per il quale uscirà nelle prossime settimane una nuova raccolta, Il grande mistero. Tranströmer è nato nel 1931 a Stoccolma. Si é laureato in psicologia nel 1956 e ha iniziato a lavorare in un istituto per minorenni disadattati nel 1960. Insieme psicologo e anche poeta, ha lavorato con disabili, carcerati e tossicodipendenti
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mercoledì, luglio 20, 2011
“Per sempre”, l’ultimo romanzo di Susanna Tamaro, raccontato dalle parole della scrittriceL'intervista di Monica Cardarelli a Susanna Tamaro“E’ stata una vera e assoluta gioia scriverlo. Mi ha sorpreso ogni pagina, anche io ero travolta da questa storia, anche io non sapevo come sarebbe finito, come sarebbe andata… Per cui ogni giorno c’era questa gioia di scoprire questo mondo con Matteo e di emozionarmi con lui di quello che scoprivo… Io ero proprio così affascinata da questo meccanismo che si stava srotolando sotto ai miei occhi, nella mia testa, di cui io ero in qualche modo testimone… come un gioco che mi veniva mostrato di cui non conoscevo il meccanismo però lo facevo io… è stata una gioia”
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sabato, febbraio 05, 2011
"Un anno fa insieme ad alcuni amici e collaboratori abbiamo iniziato a leggere e scambiarci opinioni e domande su Galileo e Copernico e sul mondo in cui hanno vissuto.
Almanacco delle scienze - Da quei ragionamenti, da quelle letture non è nato un racconto compiuto, ma una serie di spunti da cui vale la pena di partire per continuare a cercare le domande giuste per interrogare il presente. Una fra tante: come mai quattrocento anni dopo Galileo continuiamo tutti i giorni a scrutar le stelle come fossero fisse per fare l'oroscopo, che cielo usiamo, quello di Copernico o quello di Tolomeo?". Con queste parole Marco Paolini introduce le considerazioni che lo hanno portato, insieme con Francesco Niccolini, a scrivere ‘Itis Galileo', nei prossimi giorni (dal 3 al 6 febbraio) in scena a Modena al Teatro Storchi e poi, fino al 9 maggio, in tournée in varie città italiane: da Piacenza a Ferrara, da Terni a Padova, da Venezia a Firenze, fino a Grottamare (AP). Il titolo del monologo è provocatorio: Itis sta per Istituto tecnico e vuole sottolineare che il ricordo del grande scienziato è affidato oggi troppo spesso solo all'intitolazione di tante scuole in Italia.
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mercoledì, gennaio 26, 2011
Nella notte fra il venticinque ed il ventisei gennaio si è spento, al policlinico Gemelli, l’attore e regista Mario Scaccia. Per novantuno intensissimi anni di vita, l’attore romano si è dedicato anima e corpo al teatro ed al cinema, fornendo un contributo culturale decisamente notevole ad entrambi i mondi nei quali si è trovato a lavorare.
Newnotizie.it - Nel millenovecentoquarantotto Mario Scaccia si diplomò presso l’ Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, alla quale si iscrisse subito dopo aver affrontato le tribolazioni della Seconda guerra mondiale. Tredici anni dopo il conseguimento del diploma, Mario Scaccia fondò, insieme a Valeria Moriconi, Franco Enriquez e Glauco Mauri, la Compagnia dei Quattro. Mario Scaccia ha calcato il palcoscenico teatrale rivestendo ruoli tutt’altro che secondari all’interno di opere decisamente importanti nello scenario culturale del Bel Paese. ... (continua)
mercoledì, giugno 30, 2010
Viaggio nella terra dei giornalisti "infami". Un proiettile calibro 12 che arriva in redazione, un segnale inequivocabile in Calabria, che segna un confine fra il tuo lavoro e la tua vita.
Liberainformazione - A raccontare questa ed altre storie “Avamposto, nella Calabria dei giornalisti infami', un libro che raccoglie sedici storie di giornalisti minacciati dalla 'ndrangheta. Non sono eroi, né temerari, sono persone comuni, giornalisti testardi – spesso precari – che si ostinano a fare solo il proprio lavoro. Si chiamano Michele Inserra, Giuseppe Baldessarro, Filippo Cutrupi, Antonino Monteleone, Francesco Mobilio, Alessandro Bozzo, Fabio Pistoia, Agostino Pantano, Agostino D'Urso, Leonardo Rizzo, Giuseppe Baglivo, Antonio Anastasi, Lino Fresca, i cronisti nel mirino. Vite blindate, violate, quelle dei giornalisti minacciati, e delle loro famiglie. Tutto intorno l'aria si fa pesante, e da vittima, talvolta diventi anche colpevole. La tua colpa è quella di essere “'mpamu”, sbirro, così racconta la figlia di uno dei giornalisti minacciati. L'ha saputo a scuola, perchè così i compagni erano soliti chiamare il padre – giornalista.
I due autori di "Avamposto" i giornalisti Roberta Mani e Roberto Rossi, descrivono una realtà che da lontano – come di chiara la Mani - “non pensavamo fosse così pesante”. “Numeri incredibili consegnano alla Calabria il primato negativo del bavaglio a forma di pistola – dichiarano gli autori -. “Una Calabria così vicina – commenta la Mani – eppure così lontana da noi, dal quotidiano, da quello che nel resto del Paese si riesce a sapere”. Diversi gli episodi, le inchieste, gli articoli, i fatti narrati dai giornalisti, spesso legate ad equilibri delicati dell'ala militare sul territorio, altre legate agli affari delle 'ndrine, altri ancora collegati al livello politico delle rappresentanze locali ed elettorali. Ad accomunarli però e' la sindrome della trasgressione di una regola non scritta, ma nota a tutti: che certe cose i giornalisti devono fingere di non vederle e che non siano notizie di interesse pubblico. Di questo attacco al sistema democratico, all'articolo 21 della Costituzione, alla libertà d 'impresa e alla libera espressione del voto, abbiamo parlato con i due giornalisti “inviati” in quello che hanno chiamato l'”Avamposto”, perchè – come dichiarano “è metafora, nemmeno troppo immaginaria, della guerra di posizione. Con alcuni giornalisti, alcuni magistrati, alcuni politici, poca società civile a mantenere alta la guardia attorno alle poche isolate torrette di legalità”.
Un giornalista siciliano e una collega milanese, autori del primo libro che racconta dell'informazione “a rischio” in Calabria. Perché avete scelto questa terra?
Ci siamo ritrovati in Calabria sulla scia di un dato sconcertante. Dall'inizio dell'anno più otto giornalisti sono stati minacciati dalle mafie. Quando abbiamo redatto il rapporto 2010 sui cronisti minacciati nell'ultimo anno, quello per l'0sservatorio “Ossigeno” promosso da Fnsi e Ordine dei giornalisti, abbiamo constatato che era molto alto il numero dei condizionamenti e delle intimidazioni nei confronti dei giornalisti. Così ci siamo recati in Calabria con l'obiettivo di realizzare un documentario, poi ci siamo resi conto che queste storie, avevano dietro un contesto complesso ma estremamente importante, e che andavano raccontate in un libro. Abbiamo scelto di farlo, dunque, non solo per mettere insieme le loro storie, ma per approfondire, per spiegare, i contesti in cui tutto questo si è verificato.
Avamposto è anche un affresco della Calabria degli ultimi anni. Come lavora il mondo dell'informazione in questa terra?
La prima cosa che scopri non appena hai messo piede in Calabria, è che da lontano non hai la dimensione profonda di quello che accade. Io sono un giornalista catanese, conosco bene la realtà siciliana, Roberta Mani è una giornalista del nord, ma lo stupore di scoprire una realtà cosi dura e difficile, è stata simile. La situazione in cui lavorano i colleghi calabresi è molto calda. Molto fisica, le mafie li, le senti sulla pelle. Mentre in altre regioni, parimenti soffocate dal fenomeno mafioso, spesso le intimidazioni arrivano spesso sotto forma di querele, di segnali e minacce, in Calabria i gesti sono ancora più espliciti, ancora più vicini ai giornalisti. Questa è una realtà che non pensavamo di trovare.
A cosa è dovuta questa differenza che assegna alla Calabria la maglia nera fra le regioni “governate” dalla criminalità organizzata?
La differenza è dovuta in parte al panorama informativo che si è sviluppato negli ultimi anni in Calabria. Dopo anni di stallo, oggi in Calabria esistono editori che si prendono la responsabilità di far scrivere certe cose, cosa che, ad esempio, in Sicilia non c’è. Il panorama dinamico e rinnovato ha alimentano una naturale competizione su tutto il territorio. I tre giornali regionali, Gazzetta del Sud, Quotidiano della Calabria, e Calabria Ora, non si dividono aree geografiche, al contrario, da Gioia Tauro a Cosenza, da Catanzaro a Reggio Calabria, si contendono i lettori e le notizie, facendo anche inchiesta. In questa direzione va letto, il numero dei giornalisti minacciati nel panorama dell'informazione calabrese. Nonostante questi dati, però, è la pervasività e la pericolosità della 'ndrangheta a dare quella condizione di "emergenza" permanente alla situazione di pericolo in cui si vive, facendo informazione (e non solo) in Calabria.
Tanti i giornalisti raccontati nel vostro “Avamposto”, quale caso ti ha colpito di più?
Sono tutte storie difficili, ma se dovessi dirne uno, direi sicuramente la storia del giornalista Michele Inserra, giornalista Quotidiano della Calabria, due intimidazioni in poco tempo. La prima giunse per aver rivelato particolari non noti ai grandi inviati “mordi e fuggi”, sul falso identikit del boss Nirta. Contro di lui c'è in atto un coprifuoco personale che lo tiene a distanza da San luca, gli hanno proprio detto “se entri a San Luca ti finisce male”. La seconda per aver raccontato di Siderno e del territorio in cui da molti anni dominano i Commiso. I boss gli hanno spedito un proiettile calibro 12, lo stesso che uccise il giovane Congiusta, ribellatosi al pagamento del pizzo a Siderno. Il calibro 12 è la firma per gli omicidi di 'ndrangheta, per dire sei un infame, “parli troppo”. Poi ancora la voce tremante di Michele Albanese, mentre leggeva la lettera ricevuta da un boss della piana, di Rosarno. La lettera che ha toni apparentemente cordiali e moderati, è arrivata dal carcere dove il boss è rinchiuso. Michele ha solo trent'anni ma sa benissimo che di sereno in quella lettera non c'è nulla. Quello è uno dei peggiori avvertimenti in pieno stile mafioso. Ho ancora la sua immagine stampata nella memoria, mentre legge, consapevole, quelle righe a noi che siamo andati ad incontrarlo per raccontare la sua storia.
Michele Inserra, Giuseppe Baldessarro, Filippo Cutrupi, Antonino Monteleone, Francesco Mobilio, Alessandro Bozzo, Fabio Pistoia, Agostino Pantano, Agostino D'Urso, Leonardo Rizzo, Giuseppe Baglivo, Antonio Anastasi, Lino Fresca. Questi i loro nomi. Sanno di essere un unico caso Calabria?
Molti di loro si conoscevano, ma non conoscevano le loro storie. Altri invece non si conoscevano, ma anche loro si sono impressionati di un numero cosi alto. Quello di intrecciare le loro vicende in un unico caso nazionale che riguarda la situazione in Calabria, è ancora, a mio avviso, un percorso da costruire. Questo è anche uno degli obiettivi che con questo libro si vuole raggiungere.
Qual è l'atteggiamento della società civile calabrese, e della politica, rispetto alla realtà in cui opera l'informazione locale?
Questo è uno dei problemi calabresi. C’è una società che in alcune aree è stata creata ad immagine e somiglianza della 'ndrangheta, fondandola sul bisogno e sui diritti chiesti come favori. Finché non sarà lo Stato a riprendersi lo spazio che è suo, ripristinando la democrazia, la 'ndrangheta sarà vincente. La società civile, ovviamente non tutta, stenta a prendere coscienza di questa realtà e anche di quella in cui vive l'informazione. Dall’altro lato la stessa politica non indica la strada da seguire alla società civile. Un esempio su tutti è la mancata costituzione di parte civile nell’omicidio di Gianluca Congiusta del Comune di Siderno. Sono già costituiti parte civile, la Provincia e la Regione. L' avvocato del boss che è accusato dell'omicidio del giovane che si era opposto al pizzo, ricopre anche il ruolo di consulente comunale.
Un potere radicato che sembra arrivare prima e meglio dello Stato nel territorio?
La’ ndrangheta comanda da 150 anni in Calabria. E', come dire, un potere aristocratico. I sindaci cambiano, i poliziotti cambiano, i magistrati anche, ma loro sono sempre li, da oltre cent'anni. Tutti sanno chi sono i Piromalli, i Molè, tutti conoscono i loro volti. Inoltre da quando l'ingresso ne la “Santa” ha modificato i codici 'ndranghetistici, i boss possono sedere negli stessi salotti di stimati professionisti, di politici, di magistrati. Un dato che ci ha stupito ad esempio, leggendo le ordinanze di custodia cautelare di alcune inchieste in Calabria, è che la rivelazione di intercettazioni, la fuga di notizie, è responsabile della morte o dell'insabbiamento di molte inchieste, in qualche modo quindi affossate negli stessi palazzi in cui nascono.
E’ un sistema che protegge gli ‘ndranghetisti anche fuori dalla Calabria?
Le 'ndrine sul piano internazionale hanno credibilità assoluta, perché silenziose, blindate, come dire, sicure. Questa potenza enorme li porta a dialogare con imprese del nord, e del resto del mondo. Ma è sulla Calabria che rimane prioritario il controllo, diciamo “morboso e ossessivo” con il territorio nonostante i suoi interessi enormi nel resto del mondo.
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mercoledì, giugno 23, 2010
Sono passati 10 anni dalla morte di Vittorio Gassman, il 29 giugno 2000, "ma a me sembrano molti di meno", racconta in esclusiva all'ANSA Alessandro Gassman.
di Alessandra Magliaro
Ansa.it - Terzogenito, dopo Paola e Vittoria e prima di Jacopo che ora fa il regista, con il passare del tempo sente di "assomigliargli sempre di più, in tante cose del lavoro e del privato. Mi fa piacere anche quando mi dicono che sembro lui fisicamente". - L'Italia, 10 anni dopo, ha la memoria corta su Vittorio Gassman? "In genere questo paese ce l'ha su questi anniversari ma mio padre in tanti se lo ricordano, e questo è toccante e come figlio mi inorgoglisce, mi dà la sensazione di quanto lui, come altri della sua generazione, abbiano costruito con il cinema e il teatro il tessuto culturale italiano del dopoguerra, quello stesso oggi così degradato. Mi arrivano lettere dall'estero, intitolano a lui strade, teatri, premi. La Mostra di Venezia, il 1 settembre che era anche il giorno del suo compleanno, aprirà con evViva Gassman, un documentario cui si sta dedicando Giancarlo Scarchilli, e di cui io sono una sorta di cicerone: si andrà alla scoperta di mio padre e ci saranno 40 persone da Jean Louis Trintignant a Mario Monicelli, da Paolo Virzì a Carlo Verdone a ricordarlo. Sempre a Venezia a Campo san Polo proietteranno Profumo di donna restaurato e al Festival di Roma ci sarà una gigantografia per lui". - Come Sordi o altri grandi personaggi è stato vittima di luoghi comuni, la sua classicità ad esempio era così vera? "Falso, a teatro fu un grande innovatore. Con il teatro popolare puntò al decentramento nelle periferie e fece il primo teatro tenda in Italia, rimettendoci di suo pure un sacco di soldi". - Cosa avrebbe pensato di tutti questi omaggi? "Un po' mi fanno sorridere: specie negli ultimi tempi scherzando mi diceva, non ricordatevi di me in maniera funebre, ma evViva Gassman farà commuovere ma anche molto ridere". - Ad Alessandro Gassman, che aveva 35 anni alla morte del padre, capita di pensarci? "Spesso. Sono uguale a lui sul lavoro, uno stakanovista. Vittorio oltre che padre è stato anche il mio maestro, mi viene naturale rivolgermi a lui, pensare a come si sarebbe comportato". - Avrebbe manifestato contro i tagli alla cultura nella manovra finanziaria? "Non era nelle sue corde, ma certo si sarebbe indignato e come sempre, anzi a maggior ragione oggi che avrebbe avuto 88 anni, avrebbe detto quello che pensava senza peli sulla lingua, esattamente come fa Mario Monicelli. Anzi a pensarci sono contento che non debba assistere oltre che ai tagli alla situazione di degrado culturale, alla distruzione della lingua italiana, alla confusione di un mestiere in cui basta un reality tv per farti andare avanti. Oggi si sarebbe rintanato in teatro, non come rifugio, ma come passione fortissima e come libertà totale come ha sempre fatto. Oggi sono convinto che potendo, quello sarebbe stato il mio posto e mi fa piacere avere ereditato da lui questa grande passione per il teatro - dice Alessandro che è anche direttore del teatro stabile del Veneto - oltre ad un grande senso della disciplina e un enorme rispetto per il lavoro". - Il figlio di Vittorio Gassman che padre è a sua volta? "Maturo. Leo ha oggi 11 anni e mi rendo conto che anche qui l'impronta di mio padre si fa sentire. Io sono cresciuto nell'amore sì ma anche nel rigore, dico spesso più addestrato che allevato. Ho avuto un padre ferreo, classico, all'antica e in fondo mi sento un po' così anche io e penso pure che questo paese avrebbe necessità di più padri così perché di maleducazione in giro ce ne è troppa e a me indigna".
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mercoledì, aprile 28, 2010
Il viaggio nelle terre di Don Diana: uno spettacolo per ricordare l'esperienza. Un viaggio nelle terre di don Peppe Diana che lascia il segno. Un viaggio, un’esperienza che un gruppo di giovani di Sesto Fiorentino ha deciso di portare in scena nello spettacolo «Controluce: Ritorno da Gomorra».
Liberainformazione - La pièce, - un docu-spettacolo della durata di circa un’ora costituito da filmati, momenti recitativi, musiche e tecniche espressive – è nata dalla “volontà di fare qualcosa” del gruppo parrocchiale di San Martino a Sesto composto da venticinque ragazzi ed otto educatori, con alla testa il parroco don Daniele Bani, che nell’ambito del Progetto legalità patrocinato dalla Regione Toscana ha trascorso, la scorsa estate, dal 26 luglio al 1 agosto una settimana di lavoro a CastelVolturno presso il bene confiscato alla camorra ed affidato alla costituenda cooperativa “le Terre di don Peppe Diana“.
«Abbiamo voluto riportare nel nostro territorio - spiega Fausto De Santis di Libera Toscana - la realtà che lì abbiamo incontrato. Si è voluti essere testimoni di ciò che accade in un pezzo d’Italia, ma che ha la sua genesi in scelte fatte altrove e che coinvolge tutto il territorio nazionale e non solo».
La prima dello spettacolo è andata in scena lo scorso 29 novembre a Sesto Fiorentino per un totale di tre repliche. Una nuova rappresentazione è stata allestita domenica 10 gennaio a Santomato in provincia di Pistoia. La data di stasera, 26 aprile 2010, prevede la rappresentazione al Teatro di San Martino in Piazza della Chiesa nuovamente a Sesto Fiorentino. In questo spettacolo c'è da segnalare come ospite d'onore il cantautore Luca Caiazzo in arte Lucariello autore del brano "Cappotto di legno" cantato anche nella piece e autore di una ballata "Per amore del mio popolo" proprio in onore di don Peppe Diana.
«Don Peppe Diana - racconta Lucariello - era una persona che per amore della sua gente ha messo a rischio la sua stessa vita. Una cosa straordinaria che un po’ manca alla nostra generazione. Chi direbbe, oggi, che per l’amore che sente per la sua gente non può stare zitto, per l’amore che sente per il suo popolo deve gridare e facendo questo mette a rischio la propria vita?»
In occasione di ogni spettacolo vengono raccolte offerte che saranno devolute alla nascente cooperativa “Le Terre di don Peppe Diana” a dimostrazione, ancora una volta, della vicinanza tra la Toscana e le terre di don Diana per affermare sempre più il principio della legalità e dell’attivismo contro tutte le mafie.
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