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martedì, marzo 22, 2011

Libia: Gheddafi non ferma il massacro dei rivoltosi

Secondo fonti militari Nato un cacciabombardiere americano F-15E Eagle è precipitato questa mattina per un'avaria ai motori, uno due piloti è sopravvissuto ed è stato tratto in salvo dai ribelli.

di Fabio Gioffrè

L'esercito di Gheddafi intanto continua ad attaccare le sacche di rivoltosi ancora attive e concentra i bombardamenti dell'esercito sulle città di Zenten e di Misurata. In quest'ultima, durante le prime ore di questa mattina, i carri armati dell'esercito hanno sferrato un violento attacco con colpi di artiglieria provocando una strage. A terra sono rimasti almeno 40 morti fra cui quattro bambini colpiti e uccisi dalle granate mentre erano a bordo di un'auto.
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mercoledì, marzo 02, 2011

Una testimonianza da Tripoli in esclusiva per La Perfetta Letizia

Abbiamo raccolto la testimonianza di un cittadino di Tripoli che, rischiando la propria vita, ci tiene aggiornati su quello che sta succedendo nella città roccaforte del regime. Ci riferisce che moltissime persone sono chiuse nelle proprie case e sono terrorizzate per quello che potrebbe succedere.

Ci racconta N.G. che per le strade di Tripoli c'è una situazione 'irreale', in quanto non ci sono tracce delle violenze avvenute: tutto è stato cancellato dal regime, compreso il sangue degli omicidi compiuti dai mercenari.

Ecco le parole di N.G.: "Qui tutto è sorvegliato, possono irrompere in casa in ogni momento. Quando uso Facebook lo faccio solo per 5 minuti ed usando parti terze per entrarci. Guardate il canale della Bbc e Al Jazeera, è tutto reale quello che fanno vedere. Adesso c'è una battaglia ferocissima nella città di Brega ad ovest di Bengazi.
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lunedì, febbraio 28, 2011

Libia: la situazione al confine tunisino, il racconto dell'inviato di Rai News Salah Methnani per Lpl

intervista di Fabio Gioffrè

Abbiamo chiamato Salah Methnani, corrispondente di RaiNews, che in questi giorni, come molti altri giornalisti, si trova sul confine tunisino con la Libia. Ci ha raccontato la drammatica situazione dei profughi che fuggono dal paese ed entrano in Tunisia (clicca qui per l'audio).




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venerdì, febbraio 25, 2011

La situazione politica in Egitto e la fine dei regimi totalitari, intervista de La Perfetta Letizia a Giuseppe Acconcia

In questi giorni di grande tensione internazionale tutto l'interesse dei media è rivolto alla tragedia che si sta consumando in Libia, ma l'Egitto è ancora in fermento.

di Fabio Gioffrè

In Egitto i conflitti interni tra forze politiche, minoranze religiose come quella coopta ed attivisti sono ancora forti e vengono manifestati tutt'oggi con scioperi ed episodi di violenza. Abbiamo chiesto ad un'analisi della situazione dei mutamenti in atto in Egitto e Libia a Giuseppe Acconcia, giornalista italiano che vive al Cairo e ricercatore specializzato in questioni di politica mediorientale.




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lunedì, febbraio 14, 2011

Egitto, un paese che cambia: per La Perfetta Letizia l'inviata del Tg5 al Cairo Mimosa Martini

La 'transizione democratica' dell'Egitto inizia venerdì 11 febbraio, giorno in cui il popolo egiziano è riuscito a cambiare il corso della propria storia.

di Fabio Gioffrè

Il 'governo militare' da oggi ha preso pieni poteri in Egitto e condurrà il paese fino ad una transizione completa verso la democrazia, che sarà sancita dalle prossime elezioni legislative e presidenziali. Nel cosiddetto "comunicato numero 5" i militari offrono garanzie al popolo di ordine, stabilità e sicurezza. I punti elencati che regoleranno la vita degli egiziani per i prossimi sei mesi per ora non sembrano destare inquietudini tra la gente, che anzi sembra aver accettato di buon grado questo 'governo militare'. Gli osservatori internazionali per ora non esprimono particolari dubbi sulla "bontà" di tali promesse, ma certamente l'Egitto sarà un paese sotto osservazione, soprattutto da parte dei paesi vicini, in primis Israele.

Abbiamo chiesto all'inviata del Tg5 Mimosa Martini di raccontarci quali siano gli umori che animano l’Egitto in questi giorni di grandi cambiamenti.

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venerdì, febbraio 11, 2011

Un momento storico per l'Egitto: al telefono il corrispondente di RaiNews al Cairo Salah Methnani


di Fabio Gioffrè

Abbiamo appena sentito al telefono il corrispondente di RaiNews al Cario, Salah Methnani. La sua è una testimonianza in diretta di un momento storico per l'Egitto: il popolo egiziano è in visibilio, scene di euforia collettiva, svenimenti per le strade... dopo giorni di sofferenza ed incertezza il potere di Mubarak è finito, il rais ha ceduto schiacciato dalla volontà del popolo egiziano. Adesso tutto è in mano all'esercito, ma in questo momento la gioia prende il posto delle preoccupazioni.

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martedì, dicembre 01, 2009

Cinema e vita, sogni e crude verità raccontate sulla pellicola dal giovane regista Emanuele Pisano


Intervista di Fabio Gioffrè

Dobbiamo dare torto a chi dice che il cinema italiano di oggi è a corto di talenti. Dopo aver visto i cortometraggi realizzati da Emanuele Pisano, giovane autore esordiente la cui stella brilla già di luce propria tra le leve del cinema made in Italy, intravediamo il profilo di un futuro grande regista figlio della Sicilia, terra natale di Pisano. Aspetti della vita che con la fantasia hanno poco a che vedere quelli raccontati, con l’arte della poesia e del vero cinema d’autore, nei cortometraggi girati e scritti dal giovane regista siciliano.
Vincitore nel 2008 del Premio “Cinesicilia” con il cortometraggio intitolato “Pensieri Nascosti”, in cui il regista racconta due crude storie di sfruttamento di immigrati giunti nel nostro paese. Una delle protagoniste del corto finisce col non farcela a sopportare una vita fatta di prostituzione e percosse. La giovane immigrata vedendo infrangere i propri sogni e le speranze decide di mettere fine ad una vita per lei ormai senza luce, trovando nel suicidio l’unica via d’uscita da un mondo vuoto e cattivo. Durante il video una voce narrante sottolinea l’asprezza di questa storia e ne accentua la drammaticità.

PENA. Esclusione di vita”, un titolo che la dice lunga sul secondo corto girato da Emanuele Pisano, vincitore con questa pellicola del Premio Alice nell’edizione 2008 dei David di Donatello. Un cortometraggio ma anche un vero e proprio spot, efficace nelle immagini e nelle parole, contro la pena di morte.

Ultimo lavoro del regista, visibile in questi giorni su Youtube nella sua forma definitiva, è il corto “Il mio nome non è importante”. In questa pellicola Emanuele Pisano affronta il problema della disabilità e dell’emarginazione sociale. Nel corto due vite che se pur distanti e diverse sono accomunate dalla realtà di due contesti cupi e tristi, quello dell’uomo – disabile in carrozzina – ‘intrappolato’ in casa e incompreso dalla famiglia, e quello una bambina nomade che si procura da vivere vendendo rose rubate furtivamente al cimitero. Entrambi aspirano ad uno scopo: l’uomo sogna di potersi affacciare dalla finestra per vedere il mondo esterno a lui precluso e la bambina trova la direzione di una scuola che forse porrà fine al suo solitario vagare. Il corto che possiamo già definire ‘plurimemiato’ è stato selezionato in 60 Festival Nazionali e ben dieci premi ne hanno riconosciuto il valore artistico.

Per conoscere meglio l’arte e le aspirazioni di questo autore che ha già pronto un nuovo lavoro in uscita da gennaio 2010, gli abbiamo rivolto alcune domande:


D. – Emanuele Pisano, il suo è un nome che con ogni probabilità tra non molto tempo leggeremo spesso su giornali e riviste a proposito di cinema. La scelta di affrontare nei suoi cortometraggi temi così importanti come lo sfruttamento dell’immigrazione, la pena di morte e la disabilità, le fa onore. Sorprende molto che un giovane regista di soli 21 anni abbia già la maturità per occuparsi di tali problematiche. Le sue scelte derivano da esperienze personali che l’hanno portata a conoscere queste realtà?


R. – Le sono grato, e con molta modestia accetto i suoi complimenti. Ultimamente sono proprio quei complimenti che ti spingono a fare e continuare a fare. Tornando alla sua domanda, le posso dire che per mia fortuna non ho toccato né sfiorato mai tali vicende nella mia vita personale. Ho semplicemente “osservato” tutto quello con cui ci scontriamo ogni giorno, uscendo dall'uscio di casa. Il mio particolare desiderio fin da quando ho iniziato con una minitelacamerina è stato ed è quello di rispondere a dei perché, a dei problemi e a delle circostanze. Queste risposte, che in prima persona mi creo, con molta speranza li propongo allo spettatore alla ricerca di un riscontro.
Ormai viviamo in un epoca in cui vi è un eccessivo bombardamento di immagini e di informazioni video, dove la Tv ed Internet sono i maggiori fruitori. Quindi scrivere e poi dirigere immagini in movimento oggi più che mai risulta un’impresa ardua. E' definitivamente finito il tempo di quel Neorealismo nel quale bastava andare in strada e riprendere la realtà circostante. Secondo me, qualora si volesse raccontare quella realtà, bisognerebbe andare oltre, bisognerebbe davvero essere chiari e specifici cercando di captare quasi scientificamente la vita da narrare.


D. – Si parla molto di ‘crisi del cinema italiano’: secondo lei è una crisi dovuta ad una reale mancanza di talenti oppure i giovani faticano ad emergere a causa della scarsità di produttori lungimiranti che sanno “pescare” le giovani promesse?


R. - Io credo, per quello che ho vissuto fino adesso, che entrambe le tesi siano esatte. All'età di 18 anni, finita la scuola dell'obbligo, si parte in tanti per andare a fare cinema o spettacolo in generale.
Ma strada facendo vi è una selezione naturale delle persone che continuano. Per quelli che credono solo ed esclusivamente al successo, la strada finisce subito, alle prime difficoltà ed ai primi incarichi qualcuno abbandona. Questo fa sì che, come dei gironi che pian piano si stringono, le persone che hanno voglia, che vogliono fare, che vogliono dire, diventano sempre di meno, ma sempre più selezionati e preparati. Il Viaggio continua, quelli più tenaci rimangono e magari vengono notati, nonostante vi è il pericolo determinato sempre da quella minuscola percentuale di sbaglio e di confusione che non premia il più meritevole.
Ma non c'è ombra di dubbio che se sei bravo, si continua senza problemi.
Talento insieme ad Arte sono parole troppo abusate in questo periodo, bisognerebbe andarci cauti e senza nessuna pretesa bisognerebbe osservare tutto in buona fede.
Insomma, dopo aver selezionato i pochi bravi/meritevoli, credo che il compito di agevolare i sacrifici spetti al famoso simbolo Istituzionale chiamato Stato.
E' davvero difficile produrre un’opera che sia artistica o scientifica. Nelle mani dello Stato vi è tutto il monopolio artistico, che parte dalla censura e finisce alla distribuzione. Basti pensare che con gli ultimi tagli che il governo minaccia di fare, film italiani premiati nel mondo come GOMORRA e IL DIVO quest’anno non si potrebbero neanche realizzare, per la carenza di fondi.
Visti i tempi, oggi più che mai bisogna rimboccarsi le maniche, smetterla di piangersi addosso e cercare di fare, anche se in piccolo, qualcosa da sé, con la speranza che qualcuno osservi, e secondo le leggi più vigenti della meritocrazia possa premiare i giusti sacrifici lavorativi. Il Futuro non è molto roseo, ma io ci credo.


D. – Quali sono i registi del nostro cinema che lei predilige?


R. – Senza nessuna vergogna i miei idoli non sono Stanley Kubrick , Martin Scorsese , Orson Welles, ecc.
Rispetto quei nomi ed i loro lavori come forma d'arte, sono dei simboli di inestimabile valore.
Ma il mio essere, il mio modo di pensare mi porta a dire che prediligo in pieno Gabriele Muccino.
I suoi movimenti mai pensati, quasi enfatici, mi colpirono subito fin dall'inizio. Inoltre il suo modo di fare e di usare il movimento della macchina da presa, come un ulteriore mezzo che crei emozioni, cerco di plasmarlo in quello che faccio. Amo e mi piace molto il Cinema Italiano. Il Neorealismo e la sua epoca mi hanno sempre affascinato, ma sono fiducioso e traggo soprattutto ispirazione dal cinema italiano dei nostri giorni, nonostante ancora si dica che sia in decadimento.
Oltre che Gabriele Muccino, mi piace ed ammiro Paolo Sorrentino che con molta caparbietà secondo me sta creando un proprio genere. Andando oltre oceano posso dire che osservo e studio due sceneggiatori/registi: Paul Haggis e Guillermo Arriaga. Spesso nelle sceneggiature usano gli intrecci tra più storie creando una sorta di causa-effetto tra le diverse vicende.
E con molta passione ormai sono diventato un fanatico delle storie corali, le studio e poi le sperimento nei miei cortometraggi.


D. – Nel cortometraggio “Il mio nome non è importante” lei apre delle finestre su due vite, entrambe frustrate ed insoddisfatte, ma entrambi i personaggi trovano un scopo, un fine da raggiungere. Quale è lo scopo o l’aspirazione di Emanuele Pisano?


R. – Una famosa frase, che cito come se fosse mia, potrebbe rispondere da sé alla domanda. Mi ripeto sempre che: ”Non è tanto chi sei, ma quello che fai che ti qualifica”.
Spero solo di essere riconosciuto un giorno per quello che ho fatto e non per altro.
Mi basta semplicemente quello. E' dura, non vorrei essere drastico dicendo durissima, ma non ho paura di andare a prendere quello che desidero... vedremo come andrà a finire.


D. - La sua terra, la Sicilia, ha dato all’Italia e al mondo un grande regista come Giuseppe Tornatore. Nell’ultimo suo ultimo film, Baaria, il regista racconta la storia della Sicilia del ‘900 facendola passare attraverso le vicende familiari di tre generazioni. I film di Tornatore, legatissimo alla sua terra, sono spesso “intrisi” di sicilianità. Quanto lei vorrà dedicare del suo futuro ‘cinema’ alla sua terra?


R. – Quello che sono adesso lo devo pure ai miei sbagli ed alle mie gioie, e naturalmente alle persone che come i miei genitori ed i miei fratelli quasi inconsciamente mi hanno coniato. La mia terra, la Sicilia, forse nei 18 anni trascorsi lì, non mi ha emozionato come ha fatto con Tornatore. Per adesso credo che non ci sia molto da raccontare, si è detto molto in un unica monotematica chiamata mafia. E' un tema che ha fatto conoscere la Sicilia nel mondo. Il mio scopo è quello di trovare un tema siciliano che non sia la mafia ma che colpisca come essa in tutto il mondo. Rivoltare un po’ quell'appellativo che personalmente mi sta un po’ pesante.
C'è tempo... appena troverò il bisogno e l'opportunità spero di poter narrare il mio scopo... intanto cerco e penso.


D. – Sappiamo che dopo “Il mio nome non è importante” lei ha girato un nuovo cortometraggio che si colloca, per le tematiche affrontate, assieme a quelli precedenti che possiamo definire di “cinema sociale” a difesa dei diritti umani. Ci parli del suo nuovo lavoro.


Il nuovo cortometraggio ha come tematica la voglia che ci spinge alla comunicazione con l'altro e di conseguenza le azioni che ci porta a fare. Sarà un cortometraggio corale, seguirò quindi quel che adesso mi affascina, l'incrocio di più storie che hanno lo stesso comune denominatore. Un detenuta, con il permesso di semilibertà, ogni giorno va a lavorare in una lavanderia. Un padre cura il figlio che si trova in stato vegetativo. Un giardiniere che vive solo, spia le persone che passano accanto al suo giardino. Queste vicende si incroceranno causando un effetto a ritroso a vicenda.
Dopo aver visto “Il mio nome non è importante”, alcuni attori noti, ma io ribadisco assolutamente bravi, hanno deciso di partecipare, ed è con mia grande felicità che ho potuto dirigere Pietro De Silvia (La Vita è Bella, L'ora di Religione), Roberta Garzia (una delle protagoniste della sit-com Camera Cafè) e Michela Andreozzi, inoltre con immenso onore all'interno del cast vi sono pure Fabrizio Romagnoli, Claudio Caminito e Fausto Romano. Visto che ho da poco concluso le riprese, colgo l'occasione per ringraziare tutta la troupe, in particolare il direttore della fotografia, Francesco di Pierro, che ha illuminato ad arte quel che si è girato, e mi auto-auguro un bel buona fortuna per quanto riguarda la post-produzione che presto inizierò.


Ringraziamo Emanuele Pisano per le sue risposte. La nostra rivista presenterà i suoi cortometraggi tra i “video del giorno”.

... (continua)
venerdì, novembre 27, 2009

‘Sport, benessere e solidarietà’ dal mondo della politica con il “Montecitorio Running Club”

Intervista all'On. Maurizio Lupi, Vicepresidente della Camera

di Fabio Gioffrè

Interminabili sedute parlamentari, discussioni ed emendamenti che riguardano il futuro del nostro paese, ma il Parlamento italiano non è soltanto questo. Una interessante iniziativa a carattere sportivo e benefico coinvolge alcuni parlamentari di diverso orientamento politico che hanno aderito al “Montecitorio Running Club”. Ispiratore di questa associazione sportiva a carattere benefico è l’On. Maurizio Lupi, Vicepresidente della Camera e appassionato di sport e di maratona. Ed è proprio all’On. Lupi, che assieme ad altri parlamentari ha partecipato da poco alla maratona di New York portando a casa ottimi risultati, che abbiamo rivolto qualche domanda.

D. - On. Lupi, quando è nato il “Montecitorio Running Club” e quali sono i motivi e gli scopi di questa associazione?

R. - Lo scorso anno a New York mi sono trovato ad allenarmi con altri parlamentari, come l’onorevole De Micheli e l’onorevole Martino. Allora abbiamo pensato di essere testimoni del fatto che lo sport fa bene alla salute e che è un ottimo strumento di prevenzione, inoltre la corsa ha costi molto contenuti. Il “Montecitorio Running Club” è nato a maggio e si propone di aggregare, in modo assolutamente bipartisan, tutti coloro che condividono l'idea che salute, benessere e pratica sportiva siano elementi determinanti per un equilibrio fisico e mentale. Il Club intende promuovere il running e il movimento tra onorevoli, senatori, parlamentari, politici e tutti coloro che frequentano le sedi istituzionali. Nel corso dell'anno sono previsti allenamenti, gare, test, incontri e occasioni sportive, sociali e benefiche.

D. – Il club sportivo di Montecitorio è senz’altro una bella iniziativa. Quale interesse ha suscitato tra i suoi colleghi?

R. - Abbiamo preso le cose un po' sul serio e un po' per scherzo. In pochi giorni oltre 60 richieste di adesione al Club e impegnativi test medici con le innovative apparecchiature di massaggi, riabilitazione e terapia. Per tutti tessera ufficiale con logo tricolore, tuta aderente da allenamento e maglia supertecnica Adidas da gara. Ma per sdrammatizzare la situazione al primo raduno a Villa Borghese è stato invitato, direttamente da Zelig, anche Paolo Cevoli, assessore, molto poco atletico, alle Varie ed Eventuali del Comune di Roncofritto.

D. - I fondi che raccoglierete attraverso le vostre performance sportive sono rivolte al sostegno di qualche ente benefico in particolare?

R. - I fondi raccolti con varie iniziative nel corso dell'anno dagli onorevoli e dai loro simpatizzanti saranno destinati alla Fondazione Il Cireneo che si occupa di bambini autistici ed era attiva a L'Aquila, in Abruzzo, prima che la grande tragedia del terremoto portasse anche a questa associazioni lutti e grandi difficoltà.
Prima della gara, io e il console generale Francesco Talò abbiamo consegnato al governatore Paterson la maglietta ufficiale dei parlamentari del “Montecitorio running club”. Inoltre ho annunciato anche la consegna di una prima trance del contributo raccolto dagli italoamericani. Il rappresentante degli italiani all'estero Amato Berardi (Pdl) ha raccolto 50 mila dollari tra le associazioni regionali abruzzesi di Filadelfia e altri 25 mila dollari donati dagli italiani residenti in America.

D. - Al di là delle nobili finalità dell’iniziativa, lei pensa che questo è un modo per rendere il mondo della politica più vicino al cittadino?

R.- Penso siano altre le iniziative che avvicinano il mondo della politica alle persone... sicuramente con questa iniziativa, oltre a mantenerci in forma e scaricare lo stress, andiamo a sostenere realtà che si trovano in difficoltà. Chiunque ami la maratona sa che la corsa è un modo per affrontare le difficoltà, è sacrificio, è passione, è sapere che la metà c’è nonostante sembri difficile da raggiungere.

D. - Ci racconti la sua recente partecipazione alla Maratona di New York. Come sono andati i nostri politici?

R. - Come sempre correre una maratona è un’emozione unica, in particolare, per quel che mi riguarda, quella di New York, che resta la mia preferita. Nella mia vita ne ho corse 7, cinque della quali nella Grande Mela, le altre due a Milano. Siamo molto soddisfatti dei tempi che abbiamo fatto, adesso continueremo ad allenarci e tenteremo di abbassare i nostri record personali.

D. – Quali sono i prossimi appuntamenti sportivi a cui parteciperete?

R. - Al momento non ne abbiamo in calendario ma, sicuramente, parteciperemo alla Maratona di New York del 2010.

Ringraziamo l’On. Lupi per aver risposto alle nostre domande. La nostra rivista si impegna a sostenere le future iniziative del “Montecitorio Runnig Club” parlandone e pubblicizzandole sulle nostre pagine on line.

... (continua)
mercoledì, novembre 11, 2009

L'ora di religione islamica e l’eliminazione del crocefisso dalle scuole. Un passo verso l'integrazione o perdita della tradizione?


Intervista all'On. Giovanna Melandri del Partito Democratico


di Fabio Gioffrè

E’ di qualche settimana fa la proposta del viceministro allo Sviluppo economico Adolfo Urso di introdurre nelle scuole pubbliche e private un'ora di religione islamica facoltativa ed alternativa a quella cattolica. Adesso la notizia, clamorosa, della sentenza della corte Strasburgo che getta le basi per obbligare il governo italiano e le scuole del nostro paese ad eliminare il crocefisso dalle aule delle scuole. La proposta dell’On. Urso ha incendiato immediatamente gli animi della Lega, nettamente contraria, ed ha alimentato una serie di pareri e prese di posizione da parte dei leader politici di maggioranza e opposizione.

Sorprende la posizione della Chiesa che, sull’ora di religione islamica, assume un atteggiamento possibilista espresso dalle parole del cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio per la giustizia e la pace: «con i debiti 'controlli' eviterebbe che i giovani di religione islamica finissero nel radicalismo». Un giudizio trasversale di apertura verso questa proposta è espresso sia da parte del Presidente della Camera Fini e sia dell'On. D'Alema del PD che dichiara: «anche se in un mondo ideale sarebbe opportuna un'ora di insegnamento di tutte le religioni insieme». Reazioni nettamente diverse, soprattutto da parte della Chiesa, rispetto alla sentenza della corte di Strasburgo. Il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano, ha deplorato la sentenza della Corte europea di Strasburgo esprimendo apprezzamento per il ricorso presentato dall’Italia e auspicando che altri governi facciano lo stesso. Le sue parole: «Io dico che questa Europa del terzo millennio ci lascia solo le zucche delle feste recentemente ripetute e ci toglie i simboli più cari. Questa è veramente una perdita. La nostra reazione non può che essere di deplorazione e ora dobbiamo cercare con tutte le forze di conservare i segni della nostra fede per chi crede e per chi non crede».

Su questi temi che saranno certamente dibattuti a lungo abbiamo rivolto alcune domande all'On. Giovanna Melandri del Partito Democratico:


D. Il governo ha presentato ricorso contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, sul crocifisso nelle aule scolastiche. Lo ha annunciato il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. Qual’è il suo parere in merito alla sentenza della corte di Strasburgo?


R. ­ La vicenda della sentenza è in un certo senso sintomatica della maniera in cui la politica italiana vive l’attuale fase. Piuttosto che riflettere su quali strumenti dotare la scuola per favorire i processi d’inclusione degli alunni stranieri, si sale sulle barricate ripresentando conflitti ideologici tra guelfi e ghibellini che, di certo, sono del tutto pretestuosi e vuoti. Sono convinta che nei luoghi pubblici non vadano esposti i simboli religiosi, così come trovo del tutto fuori luogo considerare il crocifisso un simbolo della cultura italiana.


D. La proposta del viceministro Urso in merito all’introduzione dell’ora di religione islamica nelle scuole suscita pareri contrastanti non solo tra le forze politiche ma anche tra la gente comune; in molti la giudicano provocatoria ed esagerata. Altri ritengono che possa rappresentare un passo positivo per 'contenere' il pericolo del fondamentalismo islamico che si diffonde in alcuni contesti di immigrazione nel nostro paese. Qual è la sua opinione su questa proposta?


R. ­ Credo si tratti di un utile spunto di riflessione. La proposta Urso, però, non mi convince per una serie di motivi, a partire dal fatto piuttosto preferirei che venisse inserita nei curricula della scuola “l’introduzione alle religioni”. Credo che si debba cominciare a riflettere su come far apprendere alle nuove generazioni il ruolo e l’importanza che la religione (tutte le religioni) ha nella formazione di una persona, senza connotazioni confessionali.


D. L'Italia si muove sempre più verso una società multietnica e di conseguenza multireligiosa. In questo contesto appare interessante l'affermazione dell'On. D'Alema che auspicherebbe un'ora di religione dedicata allo studio di tutte le confessioni.
Non pensa che sia questa una prospettiva ancor più attuale ed 'europea' anziché introdurre l'insegnamento dell'ora di religione islamica?


R. ­ Sono talmente d’accordo che a breve presenterò una proposta di legge sull’argomento e spero che su essa possano convergere anche le firme dei deputato di altri partiti.


D. Nonostante l’assoluta costernazione del Vaticano rispetto alla decisione della corte di Strasburgo in merito al crocefisso, la Chiesa, o parte di essa, assume una posizione abbastanza aperta verso l’ora di religione islamica: «Nulla in contrario. Serve però un accordo preventivo tra Stato e comunità musulmane italiane», sono le parole di Monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, città con forte immigrazione islamica, e presidente della Commissione Affari giuridici della Conferenza episcopale italiane.
On. Melandri è sorpresa di questa posizione aperta della Chiesa?


R. Non mi sorprende affatto, penso che l’idea di una Chiesa ferma nel tempo sia una rappresentazione grottesca ed ingenerosa nei confronti di tutte le diverse sensibilità che contribuiscono ad alimentare il dibattito in seno alla Chiesa. Ciò che non mi piace è la maniera in cui certi politici che si definiscono cattolici interpretano a corrente alternata le posizioni della Chiesa. Ogni tanto bisognerebbe andarsi a rileggere i documenti del Vaticano II e si scoprirebbe quanto respiro contengono.


D. L'Italia rispetto ai paesi del nord Europa ha molti più problemi nel dare dignità e diritti agli stranieri che arrivano nel nostro paese. Prendiamo come esempio positivo una città come Londra che ha realizzato una perfetta integrazione di razze nel rispetto di ogni etnia e dove c'è lavoro per tutti e dove la burocrazia è ridotta all'essenziale.
Quali sono le proposte in tema di accoglienza ed immigrazione che il PD propone in parlamento?


R. ­ In primo luogo, credo sia doveroso cambiare i meccanismi di rilascio dei permessi di soggiorno previsti dalla Bossi Fini. In secondo luogo, modificare la legge sulla cittadinanza e passare da un sistema di jus sanguinis a quello di jus soli che meglio si addice ad una nazione diventata un Paese con alto tasso di immigrati, sebbene fino a pochi decenni fa fosse, al contrario ad alto tasso di emigranti. Inoltre bisogna incentivare vere politiche di integrazione che tutelino i diritti di tutti senza mettere in discussione la pacificazione e la coesione sociale.


D. Sempre sul tema dell'integrazione lei pensa che l'On. Bersani, nuovo segretario del PD, manterrà la stessa linea politica portata avanti in questi anni dal suo partito?


R. Bersani è una persona per cultura e per sensibilità molto attenta a questi problemi e sono certa che porterà avanti una riflessione seria e centrata su le sfide che il pluralismo lancia al Paese.



... (continua)
lunedì, luglio 13, 2009

Camorra, il cancro che divora Napoli


di Fabio Gioffrè

E’ passato qualche mese da quando il famoso scrittore Roberto Saviano fu intervistato da Fabio Fazio in una nota trasmissione televisiva. Mi è capitato di rivedere in questi giorni il video del suo intervento, che definirei un vero e proprio documento-testimonianza utile a ‘scuotere’ le coscienze. Chi vi scrive proviene dalla stessa terra di Saviano, impavido scrittore e giornalista, emblema dei napoletani e degli italiani ‘assetati’ di giustizia e che troppo spesso lo Stato non è in grado di garantire. Napoli, una città bellissima, ricca di storia e di arte, che però vive sotto il governo di due Stati: il secondo è quello della Camorra, che con i suoi tentacoli si infiltra ed inquina ogni anfratto di legalità. Saviano racconta la storia di un "cancro" senza fine, che logora, consuma, avvelena Napoli e le città partenopee.

Non è facile per un giornalista del sud ed in particolare di Napoli trattare l'argomento 'camorra', perché il coraggio di mettersi in trincea è spesso scardinato dall'istinto di protezione verso i propri famigliari ed amici. Incutere la ‘paura’ delle ritorsioni è il metodo più usato dalla camorra per ‘piegare’ le persone, costringerle al silenzio e spesso usarle. Chi finisce in queste maglie e tenta di ribellarsi e denunciare i soprusi spesso finisce sotto terra, ad allungare l'elenco di tutte le altre vittime, centinaia, ammazzate dalla camorra.

Saviano ha deciso di prendere parte ad una guerra, così come la definisce lui stesso. Raccontare e denunciare i fatti di camorra vuol dire mettersi in prima linea nella lotta tra Stato e camorristi. Chi decide di farlo non mette in gioco solo se stesso, trascina con sé nel 'pericolo di morte' tutte le persone che gli sono vicine. La camorra non si ferma davanti a niente. Questo "cancro" è infiltrato nei più impensati aspetti della vita della città. A raccontarle certe cose, sembra che Napoli sia una città di un altro pianeta. Ricordo, e quasi mi vergogno a dirlo, che la camorra chiese un "contributo" anche per consentire lo svolgimento tranquillo del funerale di una persona qualsiasi come mio nonno. I camorristi non lasciano in pace nemmeno i morti. Ero bambino, e quando sentii questa storia rimasi un po’ stupito, dico “un po’” perché di storie come queste ne sentivo tutti i giorni. A Napoli si pagano tangenti per le cose più impensate, anche per riavere un motorino rubato. Già, perché se ti rubano uno scooter o un'automobile non è detto che siano realmente persi. La camorra infatti negli ultimi anni si è evoluta, è ben organizzata e ti umilia due volte, lasciandoti l'opzione di poter riavere, se paghi, ciò che è tuo.

Come dare torto a Saviano se usa la penna per denunciare l’orrore che deturpa la vita dei napoletani? Quando penso a lui mi viene in mente un film di qualche anno fa, “Dead man walking”, uomo morto che cammina. E’ la frase che viene usata nelle carceri americane prima dell’esecuzione per definire un condannato a morte che, appunto, compie gli ultimi passi prima di morire. La camorra vuole eliminare Saviano, i sicari camorristi ci hanno già provato in più di un’occasione, forse solo per fargli sapere che lo hanno già condannato a morte. Non credo però che faranno l’errore - costato caro ai mafiosi - commesso dalla mafia con Falcone e Borsellino. Troppo sgomento susciterebbe adesso la morte di Saviano e lo Stato reagirebbe con troppo fervore. La camorra deve mantenere certi equilibri, fatti anche di silenzi ed omissioni. 'Loro' aspetteranno che i riflettori puntati su Gomorra siano spenti e poi tenteranno di fargliela pagare. Non sarebbe il primo giovane giornalista ad essere ammazzato dalla camorra. Era il 1985, sono passati tanti anni da quando la camorra uccise il 26enne Giancarlo Siani, giornalista che ebbe il coraggio di denunciare sulle pagine del Mattino il “triangolo delle bermuda” che si creò in quegli anni tra i vertici di camorra, industria e politica. Siani credeva di poter cambiare le cose scrivendo bene i suoi articoli, raccontando una verità che in pochi sapevano e avevano voglia di ascoltare.

Ma non tutti i giornalisti sono eroi come Saviano o Siani, anzi capita anche che su certi quotidiani locali il linguaggio giornalistico venga usato per esaltare, o meglio, per lasciare intendere che i camorristi non sono poi così cattivi. Lo stesso Saviano, in più di un’occasione, ha mostrato titoli di quotidiani locali in cui certi personaggi vengono subdolamente mitizzati. La camorra non si ferma davanti a niente, divora cose e persone, e non risparmia nemmeno i giovani. Anzi è proprio tra i ragazzi che trova i nuovi “soldati”. Giovani coscienze deturpate e comprate attraverso regali affascinanti, come moto e scooter, in cambio di spaccio e scippi. Questa è la manovalanza della camorra; un generazione bruciata di ragazzi che vivono nelle periferie di Napoli. Ma non tutto è perduto; ci sono persone coraggiose che lottano per strappare dalle braccia della criminalità i ragazzi. Questa speranza di recupero e di rinascita cresce e si concretizza grazie a sacerdoti come Don Aniello Manganiello che il 20 ottobre del 2008 guidò una troupe delle "Iene", dapprima al mercato. Denunciando a voce alta e indicando con la mano: «Qui tutti sono costretti a pagare il pizzo». Poi mostrò una piazza di spaccio. «Qui si vende droga». Non si è affatto pentito Don Aniello: «Un sacerdote deve cogliere ogni opportunità per sollecitare l'attenzione di chi governa sui mali della nostra società. Alcolismo, degrado, povertà. E la droga è il nemico terribile dei nostri ragazzi. Come si fa a non denunciare chi sfrutta i "visitors", i poveracci usati per testare la droga tagliata?». Dopo che il servizio venne mandato in onda Don Aniello fu pesantemente minacciato di morte.

Poi ci sono sacerdoti come don Beppe Diana, diventato suo malgrado famoso per essere stato ucciso dalla camorra. Don Beppe era parroco di Casal di Principe e amava festeggiare il suo onomastico. Se non fosse che, il 19 marzo di 15 anni fa, un sicario entrò in sagrestia pochi minuti prima della messa, scaricando sul sacerdote diversi colpi. Don Peppe Diana era impegnato nel contrasto alla Camorra, amava i ragazzi, le partite del Napoli e la Ferrari. Questi e molti altri sacerdoti e volontari sono impegnati a Napoli per salvare i giovani dando loro dei valori e la speranza di un futuro “pulito”.

Dice Saviano a proposito della sua più grande paura: «La mia vera paura è quella di restare in questa solitudine senza fine, e sono grato a chi in questi ultimi anni è riuscito ad entrare nella mia vita non facendomi sentire in colpa per quello che sto subendo». Come Falcone e come Borsellino, Saviano è un uomo solo e se le 'luci' su di lui si spegneranno la camorra non avrà pietà.
... (continua)
mercoledì, maggio 27, 2009

Nucleare ed energia pulita: intervista all'On. Realacci

Abbiamo intervistato l'On. Ermete Realacci sul ritorno in Italia delle centrali nucleari. Il tema è di grande attualità e molto dibattuto, ma ormai la strada del nucleare sembra essere definitivamente riaperta...

di Fabio Gioffrè

E’ recente la notizia che il Senato ha approvato definitivamente il ritorno al nucleare in Italia. E proprio nel panorama politico italiano il tema della salvaguardia dell’ambiente è sempre di grande attualità. La scelta di questo governo di riaprire la strada del nucleare in Italia è il fulcro di tante polemiche già in atto - e di altre future - nel momento della scelta dei siti. Entro 6 mesi infatti verrà stilata la mappa dei siti nucleari che sorgeranno nel nostro paese, nonché quella dei siti di stoccaggio del combustibile e di deposito dei rifiuti radioattivi. Gli esperti dicono che le scorie a bassa e media intensità rimarranno “attive” per circa 300 anni, mentre quella ad alta intensità per 250000 anni.

Sono passati più di vent’anni dal referendum che abrogò in Italia l’esistenza di centrali nucleari, era l’8 novembre del 1987. I sondaggi dicono che gli italiani di oggi sono molto più propensi alla costruzioni delle centrali di quanto non lo fossero vent’anni fa. Conoscendo però la storia recente dell’Italia e la reticenza dei cittadini a vivere vicino a potenziali fonti d’inquinamento, è probabile che l’opposizione da parte della cittadinanza sarà decisa. Anche le stesse regioni candidate potrebbero opporre resistenza alle istallazioni.

Rivolgiamo su questo tema alcune domande all’On. Ermete Realacci, Presidente onorario di Legambiente ed attualmente deputato del PD, chiedendogli un parere sulla scelta di politica energetica ‘nucleare’ operata da questo governo.

D. - On. Realacci il Partito Democratico esprime attraverso le parole del capogruppo al Senato, On. Anna Finocchiaro, un chiaro e netto “no” da parte del suo schieramento al ricorso all’energia nucleare in Italia. L’On. Finocchiaro definisce la svolta «Una scelta sbagliata e antieconomica». In molti, tra ricercatori ed ecologisti, stimano spese altissime di costruzione e gestione degli impianti. Quali sono secondo lei i motivi per cui la scelta sarebbe ‘antieconomica’ ?

R. - L’energia nucleare viene presentata dai suoi promotori come una fonte di energia che ha risolto i problemi di sicurezza, pulita, illimitata e di basso prezzo. Non è così. Aggiungo, purtroppo. Anche tralasciando i problemi di sicurezza e la questione aperta dello smaltimento delle scorie, il nucleare ha segnato il passo in questi anni nei paesi occidentali proprio per i suoi costi elevati. E’ per questo motivo che negli Stati Uniti, dove la produzione dell’energia elettrica è tutta in mano ad operatori privati, gli ordini di nuove centrali nucleari sono cessati dal 1978, da prima dell’incidente di Chernobyl. E la Germania, che pure si è data obiettivi molto ambiziosi di riduzione delle emissioni di CO2, - meno 40% entro il 2020 – ha confermato che per quella data chiuderà le sue centrali nucleari. La situazione può cambiare di molto se diverrà concreta la possibilità del nucleare di quarta generazione. Un nucleare che, come dice Carlo Rubbia, affronta alla radice molti problemi legati alla sicurezza e alla gestione delle scorie. E riduce di molto i costi. Per questo ritengo che l’Italia debba essere presente in maniera significativa nella ricerca che va in questa direzione.


D. - Il pericolo di un incidente del nucleare coinvolgerebbe il nostro paese anche se ciò si verificasse in Francia o in Svizzera. Alcune impianti si trovano non molto lontani dai confini del nostro paese, è il caso di sei centrali nucleari francesi costruite a ridosso delle Alpi. Le pongo una domanda che solitamente rientra nei cosiddetti ‘luoghi comuni’; per quale motivo non dovremmo costruire in Italia centrali nucleari quando invece siamo circondati da quelle presenti in altri paesi confinanti con l’Italia?

R. - Come dicevo prima quello della sicurezza è solo uno degli aspetti per cui il ritorno al nucleare non conviene all’Italia L’acceso dibattito che si è aperto nel paese sul nucleare rischia di produrre l’effetto di una cortina fumogena e distrarre l’attenzione rispetto alle scelte che in ogni settore l’Italia è chiamata a compiere per affrontare la sfida dei mutamenti climatici, ridurre il ricorso ai combustibili fossili, mettersi al riparo dai rischi di approvvigionamento e di aumento dei costi legati al prezzo del petrolio. Un po’ come nella storiella dell’ubriaco che cerca le chiavi sotto il lampione non perché le abbia perse lì, ma perché lì ce la luce. Senza il sostegno pubblico, infatti, l’attuale nucleare non è competitivo nei paesi occidentali. E come se non bastasse a fronte di enormi investimenti pubblici, l’Italia non vedrà un solo Kilowatt di energia elettrica prodotta con il nucleare prima di quindici anni. A maggior ragione in un momento di crisi è meglio puntare su misure che danno risultati a breve termine, sostengono e rendono più competitiva l’economia e l’aumento occupazionale. Per il nostro paese questo vuol dire puntare sul risparmio energetico, sulle fonti rinnovabili, sul recupero energetico del patrimonio edilizio esistente, sul ricambio dei beni durevoli orientato su base ambientale.

D. - Durante la votazione al Senato è mancato per quattro volte il numero legale dei votanti tra le file della maggioranza. Segno questo che nei senatori del Polo delle Libertà non vi è un pieno accordo su questa scelta. Nonostante il provvedimento sia stato approvato, il PD è riuscito ad inserire qualche emendamento “migliorativo”, tradotto in benefici compensativi, a favore degli abitanti delle future zone nuclearizzate. Lei pensa che ciò basterà a placare probabili proteste da parte dei cittadini?

R. - Non credo che sia questa la leva da opporre alle tante buone ragioni che ci sono per non volere il nucleare nucleare. Comunque quella dell’opposizione delle comunità locali sarà sicuramente un problema che chi vuole il nucleare si troverà ad affrontare. E penso che è un problema che la maggioranza ha ben presente se se si considera in campagna elettorale che in ogni regione in cui Berlusconi, o qualcuno della sua maggioranza, si trova ad andare assicura che lì non si farà una centrale....
Non sarà con la forza che Berlusconi farà digerire agli italiani una scelta costosa e sbagliata. Oltre all’errore del perseguire con la scelta nucleare è inaccettabile l’idea del Governo di scorciatoie che passino per la militarizzazione delle aree, tagliando di fatto e in barba a ogni idea di federalismo, la necessaria via della concertazione con i territori e con le regioni che non fossero disponibili ad ospitare gli impianti nucleari e i siti di stoccaggio. E’ un approccio insopportabile e lontano da quanto si fa in qualunque paese occidentale e rischia di condurci in un vicolo cieco.

Parliamo adesso di energie alternative.
L’Italia, rispetto ad altri paesi europei, non è certamente in prima fila in tema di politiche ambientali. Chi visita paesi come la Germania resta colpito dalla quantità di impianti fotovoltaici presenti su ogni edificio, a cominciare da quelli degli enti pubblici. Nonostante il territorio tedesco sia meno soleggiato dell’Italia, la Germania si è affermata nel mondo dei pannelli fotovoltaici, avendo saputo creare a monte una vera e propria industria. La legge tedesca sulle fonti rinnovabili nasce nel 1991 e ha sostenuto lo sviluppo del nuovo mercato soprattutto mediante il riconoscimento di tariffe incentivanti ai produttori di energia da tali fonti. Grazie a questa lungimiranza politica oggi la Germania è il paese leader mondiale nell'esportazione delle tecnologie ad energia rinnovabile.
In Italia è possibile installare un impianto fotovoltaico usufruendo di incentivi pubblici denominati ‘in conto energia’, opzione tra l’altro poco pubblicizzata. Sembra però che questi incentivi non siano un buon motivo per spingere la maggior parte degli italiani ad istallare i pannelli fotovoltaici.

Appare evidente la differenza di approccio tra tedeschi e italiani in tema di politica energetica. Nel confronto emerge chiaramente la diversa sensibilità manifestata tra i cittadini dei due stati nella volontà di istallare impianti fotovoltaici in ogni singola abitazione.

D. - On. Realacci, la scarsa sensibilità degli italiani è da attribuire alla mancata informazione e a politiche poco convincenti dei governi che si sono succeduti in questi ultimi anni?

R. - Sicuramente in Italia abbiamo ancora molto terreno da recuperare. Abbiamo un decimo dell’energia eolica della Germania, molti meno pannelli solari termici della piccola Austria. Soprattutto c’è un enorme campo aperto che riguarda l’efficienza energetica e il risparmio. A parità di prestazione in molti settori, dalle lampadine agli elettrodomestici, esistono prodotti che consumano anche un quarto dell’energia. Sono settori in cui le nostre imprese sono leader in Europa. Innovazione, ricerca e ricorso a quella grande energia rinnovabile e non inquinante che è l’intelligenza umana. Queste sono le risorse da mettere in campo.

D. - Negli ultimi anni si stanno diffondendo, in alcuni comuni italiani, nuovi stili di vita, sostenuti da amministrazioni “virtuose” con la compartecipazione dei cittadini e improntati sull'idea che si può vivere meglio adottando semplici misure dettate dal buon senso. Giusto per citarne alcuni, vi sono comuni (Capannori-(LU), Ponte delle Alpi(BL)) dove la raccolta differenziata raggiunge l'80% e produce occupazione; in alcuni comuni (Torraca-SA) l'introduzione dell'illuminazione con il LED ha consentito di ridurre gli sprechi di energia elettrica del 80%; a Padova, gli interventi di riqualificazione energetica consentono di ottenere un taglio nei consumi pari ad un risparmio di 600000 euro l'anno; per non parlare dei comuni, tanti, dove si sperimentano progetti per la riduzione nella produzione dei rifiuti e si investe in progetti educativi di sensibilizzazione e riduzione dei consumi. A sostegno di questi progetti, sono nate associazioni quali l'Associazione dei Comuni Virtuosi per coordinare questa rete di comuni a cinque stelle. Secondo lei, come si possono valorizzare queste esperienze a livello nazionale ?

R. - Ci sono molte amministrazioni locali, sopratutto quelle dei piccoli comuni, che rappresentano casi virtuosi per il paese. Sono piccoli comuni, ad esempio, la metà delle municipalità italiane che producono energia pulita. Tra le fonti rinnovabili la più diffusa nel Paese è quella solare. Anche in questo caso la metà dei comuni che la utilizzano sono piccoli. Seppur troppo poco diffuso, grazie al solo fotovoltaico ogni anno in Italia si risparmiano circa 98 mila tonnellate di CO2. Presente in soli 157 comuni - il 74,5% dei quali sono piccoli - l’eolico risponde al fabbisogno energetico di 2.225.000 famiglie. Anche in fatto di raccolta differenziata e riciclo, infine, i Piccoli Comuni sono la punta di diamante dell’intero Paese. Infatti, mentre la media nazionale di raccolta differenziata si attesta al 26%, nei Piccoli Comuni sale al 59%. Il 51% dei Piccoli Comuni, inoltre, promuove il compostaggio domestico per ridurre la quantità di rifiuti organici prodotti dai cittadini. Con Legambiente stiamo lavorando molto e con varie campagne per promuovere queste realtà.

Ringraziamo l'On. Ermete Realacci per le sue risposte che certamente sono servite a fare un po di chiarezza in merito al futuro energetico dell'Italia, non del tutto "verde", a cui andremo incontro nei prossimi anni.
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domenica, aprile 12, 2009

Terremoto in Abruzzo: intervista a Toni Capuozzo

Toni Capuozzo, noto giornalista, racconta i giorni del terremoto in Abruzzo

Ciò che sembrava non dover finire in tempi brevi, il terremoto devastante de L'Aquila, sembra invece volgere al termine. Lo dimostrano i dati di queste ultime ore, le scosse diminuiscono in numero e intensità. Una tragedia che porterterà strascichi e derive per anni e che mai restituirà, a chi è sopravvissuto, la stessa vita di prima. Abbiamo chiesto a Toni Capuozzo, noto giornalista del Tg5, di raccontarci ciò che lui ha visto e sentito nei giorni della tragedia. Toni è stato nei luoghi del terremoto sin dal primo giorno, quello del risveglio per chi è sopravvissuto, e ha potuto assistere a tante testimonianze di coloro che hanno avuto fortuna. Abbiamo raccolto la sua testimonianza all'indomani del giorno del funerale.



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