martedì, novembre 08, 2016
Nell'Election Day, Clinton in vantaggio ma il miliardario newyorkese non molla. Sarà il voto dei "Latinos".

di Lorenzo Carchini

L'America al voto. E' il momento della verità dopo la campagna elettorale più divisiva e velenosa che si ricordi negli ultimi decenni. Le visioni che si sfidano sono totalmente opposte e l'esito è abbastanza incerto da rendere l'attesa snervante per gli americani. Sarà il voto dei "Latinos", il "gigante dormiente" dell'elettorato, una forza destinata ad avvicinarsi sempre più alla politica.

Un dato è certo: la spinta propulsiva di Donald Trump, impetuosa nelle ultime settimane, è scemata. Anche se lui sembra crederci ancora: "Sara' una Brexit all'ennesima potenza, una vittoria senza precedenti". Hillary Clinton appare in vantaggio, in rimonta grazie al rimbalzo delle ultime ore nei sondaggi, grazie anche alla decisione dell'Fbi di chiudere definitivamente l'inchiesta sulle mail che aveva azzoppato un'intera settimana di campagna.

L'obiettivo è raggiungere il magic number dei 270 grandi elettori necessari per conquistare la Casa Bianca. Clinton al momento ne ha 203 sicuri, contro i 164 di Trump. Ci sono 15 stati in bilico e da questi dipenderanno le sorti del voto. Se alla candidata democratica basterebbe prevalere in due Stati come Florida e Pennsylvania per trionfare, al tycoon servirebbe un filotto di vittorie negli swing state. Ipotesi che potrebbe trasformare l'Election Night in una corsa al fotofinish.

Il voto di stanotte, però, sarà anche quello in cui la popolazione latinoamericana potrà giocare, per la prima volta, un ruolo di prim'ordine. Letteralmente gettati al centro della disputa da Donald Trump, nello scorso Giugno, definendoli "assassini e stupratori", la paura, la frustrazione ed il risentimento hanno spesso spinto il voto dei "Latinos" nel corso dei decenni. Dalle prime leggi sul ricongiungimento familiare in età reaganiana, il loro sviluppo demografico è stato una forza della natura. Eppure il loro percorso politico è stato assai lento ed incerto.

I dati nelle sole aree con voto anticipato, però, mostrano come questo "gigante dormiente" si sia finalmente svegliato. In Arizona sono andati al voto per il 13%, in Texas il 26% ed in Florida addirittura è andato al voto il 152% di elettori latini in più che nel 2012. In North Carolina sono loro a tenere in vita le speranze democratiche, mentre sono riusciti ad accendere la partita nel Nevada (lo stato con Las Vegas ed i palazzi di Trump).

Una vittoria di Hillary, dovrebbe comportare quantomeno un riconoscimento della forza di questa parte di popolazione sia dal punto di vista delle politiche che della rappresentanza partitica. Ad oggi i "Latinos" costituiscono ancora un gruppo dalle movenze politiche incerte, spesso fortemente connesse con la realtà di frontiera che essi hanno dovuto vivere nel tempo, così da non aver costituito un gruppo politicamente coeso e attivo, vuoi per la precarietà della loro vita negli Stati Uniti, vuoi perché si tratta di un gruppo tendente al self-mobilizing.

Serviva Donald Trump per unificare e attivare la popolazione, sentendosi sotto una concreta minaccia, lo spauracchio della deportazione per mano di un manipolo di fanatici capaci non solo di sentirsi rappresentati in un partito tradizionale, ma addirittura di poterlo scalare. Dall'altra parte, Hillary è stata in grado di capire che, per quel potenziale elettorato, Barack Obama aveva fatto troppo poco e troppo tardi. Si è sforzata di ascoltare la loro voce, cosa che nessun altro candidato democratico aveva fatto, tenendo addirittura un discorso in spagnolo.

Dunque stanotte scopriremo quanto peso tutto ciò abbia avuto nell'elezione presidenziale, ma già sappiamo che un nuovo gruppo politico si è fatto avanti nel partito Democratico e lì costruirà la propria rappresentanza.


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